Assoluzione piena per tutti gli imputati “perché il fatto non sussiste”. Lo ha deciso oggi il giudice Francesco Giannone del tribunale di Savona, chiamato a pronunciarsi su un’indagine prima, e processo poi, che hanno lacerato e spaccato a metà l’intera comunità savonese: i fumi della centrale elettrica Tirreno Power.
A giudizio, con l’accusa di disastro ambientale e sanitario colposi, c’erano 26 tra manager ed ex manager. Accusati di disastro ambientale e sanitario colposo. In un processo iniziato nel 2019, dopo un’inchiesta partita dieci anni fa e che aveva vissuto un momento cruciale l’anno dopo, quando la Procura di Savona aveva sequestrato i due gruppi a carbone della centrale, oggi smantellati.
Il pm Elisa Milocco, chiedendo le condanne a 3 anni e 6 mesi per tutti gli imputati eccetto due (uno dei quali durante il dibattimento è deceduto) aveva sostenuto che non fosse sufficiente il rispetto dei limiti di legge per le emissioni, ma che sarebbe stato necessario l’impiego, da parte dell’azienda, delle migliori tecnologie disponibili.
Per adeguarsi al principio di precauzione tanto più in un contesto in cui non era mai stato nemmeno coperto il deposito di carbone, rimasto a cielo aperto fino al sequestro della Procura. Una tesi respinta dalla difesa, che si è sempre appellata al rispetto delle prescrizioni di legge.
Ma soprattutto, nel dibattimento si sono affiancate consulenze di parte spesso drammaticamente opposte. Come quella dell’Istituto di fisiologia clinica del Cnr, pubblicata sulla rivista Science of the Total Environment, ha stimato un aumento della mortalità pari al 49 per cento dal 2001 al 2013 nell’area intorno alla centrale.
Dall’altra parte gli imputati hanno portato in giudizio altri dati, che indicavano come la qualità dell’aria a Savona sia sempre stata tra le migliori d’Italia, senza superamenti dei limiti indicati da Arpal.
Un altro momento cruciale era stata, nel 2019, l’archiviazione del filone di indagine sull’omicidio colposo, perché sia a parere della Procura che del gip non era stato dimostrato alcun nesso causale fra le morti prese in considerazioni e le emissioni della centrale. Qui erano indagati non solo vertici e manager di Tirreno Power, ma anche politici locali e regionali.
Al processo partecipano come parti civili Ministero della Salute e dell’Ambiente, Accademia Kronos, Codacons, Cittadinanza Attiva, Adoc, Articolo 32, Greenpeace, Medicina Democratica, Legambiente, Uniti per la salute, Wwf e Anpana. https://genova.repubblica.it