Tredici anni dopo la prima a Pisa, nuova evasione dal carcere – questa volta quello di Teramo – per Roland Dedja, 39enne albanese in attesa di giudizio in un procedimento presso la procura di Bologna per sequestro di persona ed associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti. Protestano i sindacati della polizia penitenziaria: “E’ l’ennesimo episodio che mette a nudo il fallimento totale di carceri colabrodo che non assolvono minimamente alla loro funzione”, dice Gennarino De Fazio, segretario generale Uilpa.
Forse un drone per la consegna dell’attrezzatura utile alla fuga
Secondo quanto ricostruito, Dedja nella notte si è calato con una grossa corda, simile a quella che usano i rocciatori, dalla finestra del bagno della sua cella, da cui aveva rimosso una parte della grata delle sbarre. Per ingannare i poliziotti penitenziari, l’uomo, che non aveva nessun compagno di detenzione, aveva simulato la presenza di una persona sulla sua branda, che sembrava coperta sino alla testa. Qualcuno ipotizza l’aiuto di un drone per la consegna dell’attrezzatura utile alla fuga. Secondo un’altra versione, la corda sarebbe stata fornita da un complice all’esterno legandola ad un lenzuolo che l’uomo aveva calato fuori dalla finestra. Per il segretario del sindacato Spp, Aldo Di Giacomo, non sarebbero state funzionanti le telecamere di sorveglianza sul muro di cinta, a causa di lavori in corso.
Era già fuggito nel luglio del 2010 dal carcere di Pisa
E l’albanese non è nuovo alle evasioni. Era già fuggito nel luglio del 2010 dal carcere di Pisa dove scontava una pena per l’omicidio di un connazionale all’esterno di un locale notturno a Brescia (due anni dopo fu assolto). Quella notte, insieme ad un altro detenuto, si calò dal muro di cinta utilizzando le classiche lenzuola annodate. Una volta fuori dall’istituto i due fermarono una passante nelle strade adiacenti rubandole l’auto e svanendo nel nulla. Nemmeno due mesi dopo, però, Dedja e il suo compagno di fuga, Bledar Shehu, erano stati rintracciati ed arrestati dai Carabinieri a Porto Recanati (Macerata).
Protestano i sindacati della polizia penitenziaria
“Se fosse confermata la versione che vede l’utilizzo di un drone per l’evasione – dichiara Mirko Manna, nazionale Fp Cgil Polizia Penitenziaria – ci troveremmo di fronte ancora una volta alla prova evidente del ritardo tecnologico con cui la Polizia penitenziaria è costretta a lavorare per garantire la sicurezza delle carceri. Il mix devastante di carenza di personale e mancato adeguamento delle tecnologie sta creando un confronto impari tra chi ha commesso reati e la Polizia penitenziaria che ha il compito di garantire l’espiazione delle pene più gravi nelle carceri”. Il Sappe definisce quella di Teramo un’ “evasione annunciata” visto che “la sicurezza interna delle carceri è stata annientata da provvedimenti scellerati come la vigilanza dinamica e il regime aperto, l’aver tolto le sentinelle della Polizia penitenziaria di sorveglianza dalle mura di cinta delle carceri, la mancanza in organico di poliziotti penitenziari, il mancato finanziamento per i sistemi antintrusione e anti-scavalcamento che spesso non funzionano”.
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