Cuneo, 70enne stuprata al parco fluviale: pena dimezzata per il romeno

giustizia

“Tenuto conto in particolare delle modalità violente e intimidatorie della condotta, del tempo e del luogo dell’azione (una domenica pomeriggio, nel parco fluviale, zona verde abitualmente frequentata da sportivi e da comuni cittadini), dell’assoluto disprezzo nei confronti della civile convivenza, della crudeltà e insensibilità dimostrata, dalla devastazione permanente della psiche della vittima, appare equa una pena base di anni 12 di reclusione”. Iniziano così le motivazioni addotte nella sentenza redatta dal gup cuneese Alberto Boetti che hanno portato alla condanna di Doryn Trayan Plesa, il 40enne di origine romena che stuprò una donna di 70 anni al parco fluviale.

La sentenza di condanna emessa dal tribunale di Cuneo in primo grado, (12 anni e 4 mesi di reclusione in abbreviato) poi mitigata dalla Corte di Appello con uno sconto di pena quasi pari alla metà , ha tenuto conto non solo del vincolo della continuazione dei reati, di violenza sessuale e lesioni, ma anche della personalità dell’imputato e della condotta tenuta: “Non sussistono i motivi per ritenere concedibili le circostanze – si legge -. Considerando la gravità del reato in questione, le modalità di esecuzione dello stesso e la personalità del colpevole non vi è alcun elemento atto a determinare il riconoscimento di tale beneficio. A questo proposito, vanno anche considerati i precedenti penali e giudiziari per i reati di minaccia e violazione di domicilio ed atti persecutori, resistenza a Pubblico Ufficiale e mancata esecuzione dolosa di un provvedimento. Inoltre, dai messaggi con la ex compagna brasiliana emerge un’abitualità nella violenza (anche sessuale) contro le donne”.

Plesa, come scritto nel dispositivo, durante l’interrogatorio di garanzia aveva rivolto le sue scuse e tentato di giustificarsi. Ma ciò non è bastato a convincere il giudice ad irrogare una pena più favorevole: “Ha fatto riferimento ad una condizione di difficoltà economica, di incomprensioni familiari e di dipendenza alcolica, senza però raccontare nulla che distinguesse la sua vita come più dura rispetto alla media degli esseri umani. In ogni caso, avesse anche infarcito il suo racconto di episodi particolarmente lacrimevoli, non si vede quale nesso potrebbero avere rispetto alla sua brutale violenza sessuale”.

La Corte di Appello di Torino, nella giornata di mercoledì, ha riformato la sentenza di condanna del gup Alberto Boetti riducendo la pena per l’imputato a sette anni di reclusione. Si attende il deposito delle motivazioni. I legali delle parti, sia dell’uomo che della donna, non rilasciano commenti. L’uomo, nel frattempo, rimane in carcere a Vercelli.
www.lavocedialba.it