di Marcello Veneziani – Matteo Salvini riprende la sua campagna per rimettere i crocifissi nei luoghi pubblici e si scatena il solito putiferio: ma come, usare Dio ai fini politico-elettorali, strumentalizzare il crocifisso, servirsi della croce per rubare voti alla Meloni… D’accordo, non mescoliamo sacro e profano, eletti in cielo o alle europee, croci in aula o sulle schede eelttorali ma la questione resta: perché dovremmo togliere o nascondere i crocifissi che già c’erano nei luoghi pubblici e nelle scuole, con la scusa miserabile di non urtare la suscettibilità di chi non è credente?
Che male fa quel simbolo, chi offende, se non chi l’ha crocifisso, quale religione, ateismo o convinzione laica ferisce? Non è una professione di fede, è un simbolo di una civiltà, il retaggio di una storia. E quando nascondi il crocifisso in aula poi esci e vedi le chiese, i monasteri, le strade dedicate, gli edifici pubblici, statali e comunali, gli ospedali, i toponimi delle nostre città: edificati nel nome della cristianità, dedicati a santi, pieni di simboli cattolici.
Pure gli eruditi non capiscono più il linguaggio della nostra civiltà, i segni e i simboli millenari del nostro vivere civile. Arrivo a dire che anche in una società che non crede più in Cristo, non solo laica e liberale ma perfino atea, quei simboli restano la nostra carta d’identità, il nostra dna. Possiamo poi criticarla e pure rifiutare i nostri padri e le nostre madri ma non possiamo negare che siamo loro figli.
E non si tratta di una paternità fra tante, ma quella che ci ha più formato, e pure deformato, nei secoli. Intolleranza sarebbe obbligare la gente a farsi il segno della croce, a professare la fede cristiana e non altre. Ma un simbolo inerme, che ricorda un martirio subito e non inflitto, che ci dice da dove veniamo, nel bene e anche nel male, nella salute e nella malattia della fede, non offende ma ricorda.
Se fossi di un’altra fede o di nessuna fede mi sentirei perfino rassicurato dal legame visibile con la nostra storia della pietà. Mi avvilisce una società in cui l’unica universalità sono la tecnica e il denaro, in cui si esibisce la sfera sessuale e si inibisce la sfera religiosa. Vi dite emancipati ma siete solo sradicati. Barbari chic.