di Emiliano Scappatura – Le battaglie, si sa, si possono vincere o perché ci si dimostra più forti dell’avversario o perché era questo ad essere troppo modesto. In Italia poi, dove le lotte politiche sono a livello infimo, spesso non è neanche necessario combattere ma basta aspettare che l’avversario si sia suicidato. Ma naturalmente chi vince difficilmente riconoscerà di avere prevalso in una contesa tra mezze tacche e dirà piuttosto che è emerso in una lotta titanica. Ma non ci crede nessuno perché quello che è il livello della politica italiana salta subito agli occhi ormai da decenni, incapace di produrre non dico grandi personalità ma almeno uomini in grado di gestire il proprio ruolo senza riuscire a provocare qualche imbarazzo.
Così adesso noi crediamo che questo governo, nonostante le sue esibizioni a volte imbarazzanti, terminerà tranquillamente la sua legislatura senza subire grandi ridimensionamenti a livello di perdite elettorali. Ma non creda, appunto, di farlo per una sua grandezza politica. Quel venti per cento di elettori che ha gonfiato il partito che lo guida dopo la caduta del governo Draghi non lo abbandonerà nonostante la sua desolazione anche perché non si aspettava molto di più. Gli si è attaccato solo perché stava fuggendo da una dittatura e dal ricordo angoscioso dei suoi protagonisti: dalle minacce di Speranza, dallo squallore morale di Di Maio e dalla saccenza autolesionista di Letta. Sa, insomma, che quelli che lo criticano, se prendessero in mano la situazione non riuscirebbero a fare nulla di meglio.
Quella che anima la politica italiana è una lotta tra nani, con niente di meglio che si intraveda in prospettiva, ma questo che c’è adesso, nonostante il suo squallore che è tipico del costume italico quantomeno ha avuto la decenza, o la furbizia, di tirarsi indietro da quella dittatura di Draghi che è stata, nonostante le chiacchiere di cui lo si accusa adesso, la vera rinascita del fascismo (inteso nella vera accezione possibile di dittatura) in questa nazione.
Per questo, dunque, noi crediamo che questo governo resterà a galla ancora a lungo senza grandi perdite elettorali: di fronte ha ancora il cadavere degli avversari, per quanto lo dipinga convenientemente come un rabbioso mastino. Ma non vorremmo, appunto, che un’ansia di suicidio, che puntualmente in questo paese come una febbre intacca chi è seduto comodamente sulle poltrone del potere, non cominciasse a dissolvere anche questo. I sintomi ci sono tutti, e basta ascoltare i discorsi che si sono sentiti all’ultimo congresso.
La situazione è talmente ottimale che basterebbe, se non intelligenza, almeno un po’ di furbizia per campare di rendita di fronte a un’opposizione talmente sterile che sarebbe il sogno di ogni presidente che volesse solo campare di rendita. Si può anche scegliere di dipingere dei nani come fossero dei titani, anche se nessuno vede questa battaglia quotidiana che si svolge a suon di buffetti. E si può anche scegliere di fare una raffica di complimenti a sé stessi per cose che nessuno ha mai visto ma che nessuno in fondo si aspettava.
Ma se prendersela con gli altri può servire a giustificare le proprie manchevolezze o a coprire qualche vergogna, non può essere un alibi su cui si può pensare di vivere tutta una stagione politica. Se dall’altra parte il partito non riesce a selezionare una classe dirigente decente, qui non ci prova nemmeno. Quando i partiti erano una cosa seria la classe dirigente si formava con una selezione abbastanza competitiva basata sulla forza elettorale o sulla forza culturale dei protagonisti.
Qui invece siamo passati a un partito familiare creato da una leader carismatica che lo gestisce ad uso e consumo personale e che nomina lei stessa le sue figure di riferimento secondo quelle che sono le sue esigenze ma che poi sarà destinato a dissolversi appena lei entrerà in crisi perché, appunto, il partito dietro di lei non esiste. E nessuno dice nulla perché in questa gestione ad usum personae ognuno si deve accontentare di quello che gli capita a seconda dei rapporti che ha con il padrone, perché a protestare rischia di non avere neanche quello.
In questa lotta miserevole la dimensione politica è una sola: state con noi perché dall’altra parte c’è Speranza, o gli eredi di Di Maio e di Letta, insomma teneteci stretti e turatevi il naso perché se ce ne andiamo noi non solo non si risolve niente lo stesso ma non sapete nemmeno chi vi trovate tra i piedi. Insomma, è una gara a chi è meno peggio. Ma, come diceva Montanelli, è da quando è finita la guerra che questa nazione va alle urne turandosi il naso tanto che ormai metà non ci crede neanche più. E c’è il rischio che, alla fine, assuefatti al puzzo, si smetta finanche di avvertirlo e si rischi di non sentire più nulla.
Prof. Emiliano Scappatura