Nessuna grazia per Walter Onichini. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha rigettato la domanda presentata dal macellaio padovano che il 22 luglio di dieci anni fa venne accusato di tentato omicidio e condannato in via definitiva a quattro anni di carcere per avere sparato a un ladro, entrato nella sua abitazione di Legnaro. E’ quanto si legge nel Gazzettino. Lo scorso 23 gennaio, dopo 19 mesi di reclusione, è tornato dalla sua famiglia nell’abitazione di Camponogara in provincia di Venezia. Gli è stato concesso, dal Tribunale di sorveglianza, l’affidamento in prova ai servizi sociali. Oltre a impegnarsi nel volontariato, Onichini può lavorare nella macelleria della sorella Chiara sempre in provincia di Venezia. Ma dalle 22 alle 6 del mattino deve restare in casa e non gli è permesso uscire dai confini della regione Veneto.
La domanda per ricevere la grazia dal Presidente della Repubblica era stata presentata dall’allora moglie, attraverso il legale Ernesto De Toni, il 17 novembre del 2021 al magistrato di sorveglianza. La richiesta, un documento di dieci pagine, è stata poi inoltrata al Ministero di Giustizia il 24 agosto dell’anno scorso. E questa settimana, dopo ventidue mesi, è stata rigettata.
Precisazione, ndr – Onichini, 37 anni, aveva sparato al ladro, un albanese 25enne che dopo essersi intrufolato in casa sua con alcuni altri complici stava cercando di fuggire rubandogli l’auto parcheggiata sotto casa.
Il tribunale di Padova lo ha condannato a quattro anni e undici mesi, interdizione temporanea ai pubblici uffici e risarcimento di 24.500 euro.
“La domanda di grazia è rimasta ferma a Padova per oltre 9 mesi poi finalmente trasmessa al Ministro della Giustizia a Roma e di essa nessuno aveva più saputo dirci nulla. Dal 23 gennaio di quest’anno Walter Onichini è stato ammesso all’affidamento in prova ai servizi sociali – ha dichiarato il legale De Toni – e ha potuto finalmente cercare di riprendere in mano la propria vita.
Rimane l’amarezza per la palese diseguaglianza di trattamento per due persone che avevano entrambe commesso dei reati per i quali sono stati condannati ma una fino ad allora incensurata dopo 9 anni dai fatti è finita in carcere 48 ore dopo che la sentenza era diventata definitiva e vi è rimasta per 16 mesi e l’altra, pluripregiudicata, irregolare ed espulsa dal territorio italiano, con una pena di 3 anni e otto mesi di reclusione passata in giudicato da settimane e che poteva essere arrestata quando era venuta in Tribunale a Padova per chiedere i danni e testimoniare su quanto era accaduto, ma si era potuto rendere irreperibile perché non era stato tempestivamente emesso l’ordine di carcerazione”. ADNKRONOS
L’autore di crimini – se non ignoto – deve pagare. È esigenza primaria della società: altrimenti perché i tribunali? Se ciò è vero, ostacolarne la fuga è per natura un diritto/dovere di qualunque membro della società.
Perciò bisogna rigettare il “dogma” radicalmente anti-giuridico secondo cui la salvaguardia della vita umana e dell’incolumità fisica devono prevalere sul Diritto.