Senza metafisica non c’è vera morale

SAN PIO X

di Daniele Trabucco – Il periodo in cui viviamo è stato definito come “post/metafisico” in cui ogni conoscenza viene ricondotta alla provvisorietà dei fenomeni empirici. Il nucleo generativo di questo tipo di pensiero lo troviamo già nel medioevo, in particolare nella tarda scolastica. Il nominalismo di Guglielmo di Ockam (1288/1347), con il tentativo di separare i concetti da una consistenza ontologica fissa ed immutabile, apre la strada alla crisi della metafisica. Questo tentativo, lo scrive molto bene Jurgen Habermas, seguirà, nel corso della storia della filosofia, due strade:

1) quella humeana volta, attraverso la critica al principio di causalità, a decostruire i contenuti della religione e della metafisica;
2) quella kantiana tesa a tradurre questi contenuti in argomenti razionali cui attingere la normatività per la nostra vita di ogni giorno.

Queste premesse hanno aperto la strada ad una concezione di ragione “debole”, condannata anche da Papa san Pio X (pontefice dal 1903 al 1914) nella Lettera Enciclica “Pascendi dominici gregis” dell’ 08 settembre 1907, incapace di cogliere le essenze degli enti, ed a riconoscere come sua unica dimensione fondativa quella dialogante (ancora Habermas), comunicativa, ma non certamente quella “oggettivante” della tradizione classica (in questo un ruolo importante lo hanno rivestito tanto lo strutturalismo, quanto la filosofia del linguaggio).

Eppure, tolto l’essere viene meno anche l’agire, tolto l’ordine naturale anche la normatività sottesa all'”agere” assume un carattere modulare a seconda della ideologia dominante. Se l’agire morale non segue il “telos”, il fine proprio di ogni ente, allora si cade nell’indifferentismo con le conseguenze di morali antiumane in quante staccate dall’essere e dall’ordine in esso inscritto.

Daniele Trabucco – Costituzionalista