Il Presidente della Repubblica pro tempore, Sergio Mattarella, ha partecipato, a Rimini, al meeting annuale della Fraternità di Comunione e Liberazione con un intervento ad ampio raggio nel quale ha affrontato diversi temi. In particolare, nella parte conclusiva del suo discorso, il Capo dello Stato ha rimarcato “l’inviolabile primato della persona” sul quale si fonda un ordinamento costituzionale pluralista (a parole) come quello italiano. Un’affermazione apparentemente condivisibile, ma in realtà filosoficamente molto pericolosa.
Infatti, che cos’è la persona?
È, secondo la insuperata definizione di Severino Boezio (475 d.C. /524 d.C.), l’ultimo grande esponente della patristica occidentale, “rationalis naturae individua substantia” (colui che è signore e responsabile dei propri atti, chiamato a realizzare compiutamente la sua essenza, la sua natura), oppure la persona “prodotto” del personalismo contemporaneo in cui l’individuo è chiamato a realizzare i suoi desideri, i suoi bisogni, la sua volontà per mezzo dell’ordinamento il quale non puó avere alcun “assoluto” se non il continuo bilanciamento di valori e interessi attraverso i quali si consente alla persona medesima la piena realizzazione (anche diventare altro da sè)?
In questa seconda evenienza appare chiaro come lo scopo dell’ordinamento costituzionale sarebbe unicamente quello di garantire le condizioni formali e sostanziali dell’eguaglianza nella diversità ed alla diversità delle opinioni (Castellano), ritenute tutte legittime in quanto funzionali allo sviluppo integrale della persona umana. La persona della “modernità debole” si erge, in questo modo, a “sovrano” nel senso bodiniano del termine, riconosce la sua signoria come esclusiva con la conseguenza di ridurre la “civiltà del diritto” ad una dimensione meramente volontaristica (ad esempio, l’interruzione volontaria della gravidanza) il cui scopo è il solo mantenimento delle volontà ed il loro costante equilibrio per evitare che la convivenza civile venga messa in discussione (è la dottrina della solidarietà che è anche, sottolinea sempre Castellano, “dottrina della compassione”).
Le premesse di tutto questo sono tragiche:
la decostruzione della persona nel senso classico del termine e la sua ricomposizione senza essenza, senza cioè quello che identifica l’ente uomo in quanto tale. Il richiamo di Mattarella al c.d. “Codice di Camaldoli” dell’estate del 1943 rafforza l’idea che la concezione di persona, accolta dalla Costituzione repubblicana (influenzata dal Codice), sia proprio quella del personalismo contemporaneo. Infatti, il primo punto del Codice è paradigmatico: pur sostenendo il carattere socievole/relazionale della persona, si afferma che “le esigenze del suo spirito…non possono che essere realizzate nella convivenza”.
In altri termini, è la persona, sia pure nell’ambito dell’ordinamento che deve armonizzare le “esigenze” di tutti (significativo il riferimento allo spirito e non alla natura filosoficamente intesa), che si autoassegna il proprio fine ed il proprio bene. In questo modo la sua libertà diventa liberazione da qualunque ordine naturale e dal suo stesso “esse”.
Lo Stato, pertanto, deve essere posto a servizio dell’uomo (Aldo Moro), ma non del fine connaturato alla essenza. La persona è, oramai, un “fenomeno di convergenza collettiva” e non più l’ente che ha l’atto di essere, il fatto di essere, (c.d. “esse in actu”) il quale a sua volta necessita l’esse ut actus (ció per cui la sostanza è e che essa ha in sè e non in altro: cfr. Cornelio Fabro).
Avv. Filippo Borelli (Avvocato del Foro di Verona)
Prof. Daniele Trabucco (Costituzionalista)