di Vittorio Feltri – Della carenza di personale negli ospedali e, in particolare, nei reparti di pronto soccorso vi ho già parlato. Una problematica spinosa che sembra destinata ad aggravarsi, considerato che la professione medica è sempre meno attrattiva quando è svolta all’interno di strutture dove i dottori rischiano e subiscono continue aggressioni, sono sottoposti a turni massacranti e traggono poca soddisfazione economica, ovvero le ore lavorate non sono proporzionate ai compensi. In una situazione di questo tipo sarebbe opportuno coccolare i nostri operatori sanitari, invece, cosa facciamo? Li incriminiamo di sessismo e li sospendiamo a causa di una semplice battuta, che avrebbe potuto farci sorridere, o almeno un tempo lo avrebbe fatto, quando eravamo meno scemi, oggi invece ci induce a denunciare la condotta di colui che si è macchiato del reato di ironia.
È avvenuto la notte dello scorso 26 luglio, a Merate, in provincia di Lecco, dove una donna di 28 anni, recatasi in ospedale per farsi medicare dopo essere stata addentata da un cane su una natica in occasione di una cena a casa di amici, ha fatto reclamo nei confronti del medico 70enne che l’ha visitata e curata. Questi, pur avendo prestato le cure con grande professionalità, come ha specificato la stessa giovane, avrebbe commentato l’accaduto definendo il cane “un buongustaio”.
Forse una maniera di sdrammatizzare, o una esclamazione spontanea fatta senza malizia da una persona dotata di umorismo, forse una osservazione inopportuna per qualcuno, ma non tanto vergognosa o inaccettabile da determinare la sospensione del medico, per di più di un pronto soccorso, e quindi anche un danno ai pazienti.
Si discute circa il sessismo del dottore in questione, lo si processa per una parola, gettandolo in uno stato che immagino di profondo imbarazzo, cosa di cui mi dispiace, ci si dichiara indignati, ci si lagna del suo comportamento, ma nessuno che abbia sottolineato l’aspetto davvero rilevante di tutta questa vicenda.
Non è il maschilismo che ravvedo in questo signore, bensì la sua dedizione al lavoro, il suo spirito di servizio, la fedeltà alla sua missione, quindi anche l’attenzione data al malato, messo al primo posto, prima ancora di se stesso, elementi testimoniati dalla sua stessa accusatrice, la quale ne ha confermato la professionalità nella visita.
Infatti un 70enne, il quale ha sgobbato tutta quanta la vita e ha superato l’età della pensione, nel cuore della notte, peraltro in piena estate, dovrebbe starsene in panciolle a casa, a letto, comodo, rilassato, al sicuro, circondato da ogni mollezza e agio, invece questo medico si trovava nel peggiore reparto di qualsiasi struttura ospedaliera, quello deputato alla medicina d’urgenza, dove i ritmi sono sfiancanti e si vede e capita qualsiasi cosa, persino di essere presi a pugni, e si trovava lì a medicare il culo di una tizia che, invece di essere riconoscente a chi le ha ricucito la ferita cercando anche magari di strapparle un sorriso in quanto consapevole della sofferenza patita dalla ragazza, ha provveduto a segnalarlo come se si trattasse di un molestatore, di un criminale qualsiasi, di un porco, di un soggetto pericoloso.
Questa storia è l’attestazione, forse l’ennesima, di quanto siamo miopi davanti alla realtà, di quanto ci siamo impoveriti a livello umano, perdendo anche l’essenziale capacità di ridere e di sorridere, incattivendoci, abbrutendoci, divenendo aggressivi, spietati, rabbiosi, individui con il fucile sempre carico per colpire alla prima sillaba chiunque osi contravvenire alla religione del politicamente corretto, che, con la sua malafede, ravvisa maschilismo, omofobia, razzismo ovunque
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