Il caso di bullismo a Latina che aveva coinvolto un’itera classe di una terza media, indagata per istigazione al suicidio, è finito con la promozione dei bulli, sostenuti dai genitori.
Avevano chiamato “ebola” la compagna a cui dicevano “se muori non se ne accorge nessuno”, oltre ad aprire una chat per ridicolizzarla e prenderla di mira, con pesanti ripercussioni nella vita della giovane, sempre più isolata. E poiché hanno tutti sotto i 14 anni, l’indagine aperta dalla Procura rischia di concludersi con un’archiviazione. Per il gruppo di studenti l’unica “punizione” è stato il “6” in condotta.
Neanche i genitori, spiega Il Messaggero, hanno voluto punire e responsabilizzare i figli, che alle autorità hanno riferito fosse tutto un gioco. Le famiglie si sono inoltre rifiutate di far iniziare un percorso di giustizia “riparativa” per far comprendere ai ragazzi la gravità delle loro azioni.
La garante
“A prescindere dall’esito dell’indagine in corso – aggiunge la Garante regionale – abbiamo incontrato alunni, famiglie e docenti. Sono stati effettuati interventi con giochi di ruolo, confronti, discussioni sul rispetto reciproco, sulla legalità che hanno contribuito a migliorare decisamente il clima all’interno della classe”. Sono stati coinvolti anche la psicologa Gabriella Marano e l’avvocato Pasquale Lattari del centro Antiviolenza minorile di Latina. “I ragazzi – continua Sansoni – hanno rielaborato il vissuto, le condotte, riflettuto sulle dinamiche relazionali che appaiono ora fluide, seppur con qualche criticità in capo ad alcuni ragazzi, in particolare circa il timore di ciò che può derivare dal procedimento giudiziario”.
Come osserva il quotidiano romano, in attesa degli sviluppi, la madre della ragazza vittima dei soprusi spera almeno di vedere i bulli impegnati in un percorso di recupero che può essere solo volontario. Per evitare che mesi di umiliazioni vengano archiviati con un semplice 6 in condotta. tgcom24.mediaset.it