Si chiama “2023 NT1” l’asteroide che giovedì 13 luglio ha “sfiorato” la Terra, transitando a circa 100 mila chilometri dal nostro pianeta: una distanza pari più o meno a un quarto di quella che c’è fra la Terra e la Luna.
Un passaggio ravvicinatissimo in termini astronomici, che però non è stato rilevato da nessuno strumento. Provenendo dalla direzione del Sole, il blocco di roccia non era infatti visibile: il primo avvistamento, effettuato dall’osservatorio Atlas in Sudafrica, è avvenuto solo due giorni dopo, quando l’impatto era stato ormai scongiurato e il corpo celeste si stava già allontanando dalla Terra.
Una potenza distruttiva di oltre 600 bombe atomiche
Un asteroide di tali dimensioni – una sessantina di metri di diametro – avrebbe provocato effetti disastrosi in caso di collisione con il nostro pianeta. Si calcola che il cratere generato dall’impatto avrebbe superato il chilometro di diametro: all’incirca come il Meteor Crater in Arizona, creato dall’impatto di un meteorite 50 mila anni fa. Secondo le stime, la sua potenza distruttiva era pari a quella generata da 600 bombe atomiche.
Per fare un altro paragone, il meteorite di Chelyabinsk, esploso nel 2013 nell’impatto con l’atmosfera sopra la Russia, aveva circa un terzo del diametro di 2023 NT1 ed ebbe effetti devastanti: l’onda d’urto frantumò vetri e muri, ferendo centinaia di persone. Non essersi accorti del passaggio dell’asteroide costituisce dunque un grande problema: 2023 NT1 ha dato una grande lezione all’umanità, ricordando l’importanza di potenziare i sistemi di difesa planetaria.
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