La riforma della giustizia è troppo importante per non attuarla, non solo per le questioni che va ad affrontare, in un momento in cui la reputazione della magistratura o, almeno, di una parte di essa, è decisamente sotto terra, dopo le recenti vicende giudiziarie (Luca Palamara con le sue chat, Piero Amara con le sue favole di pinocchio, per non dire degli intrecci della vicenda Storari – Davigo, sempre sul caso Amara) ma anche perché, a quanto pare, in questi giorni la questione sembra lo spunto per riflettere sulla degenerazione delle correnti all’interno del CSM, come ha affermato lo stesso vicepresidente Pinelli a Taormina.
Ma il MINISTRO NORDIO sembra andare dritto sulla sua strada, a partire dall’abrogazione del reato di abuso d’ufficio.
Sino ad oggi il reato di abuso d’ufficio rimane una questione scottante, come continua a raccontare l’ex pm Giuseppe Toscano, vittima di un caso sconvolgente accaduto al Tribunale di Messina, già assurto agli onori della cronaca.
Ragione per cui sono sempre in tema le considerazioni del deputato Enrico Costa quando, a proposito dell’abuso d’ufficio, afferma che, più della eventuale condanna, “il vero problema consiste nel fango e nelle ferite che finiscono inferte per anni…”.
E’ proprio ciò di cui si duole l’ex pm Toscano che, a seguito di false accuse rivoltegli, il 23 e 24 aprile 2018, dall’avv. Piero Amara (che accusava nell’occasione anche se stesso), veniva sottoposto, dalla Procura di Messina a procedimento penale, assieme allo stesso Amara, per concorso in abuso d’ufficio. Si trattava di fatti risalenti addirittura al 21.6.2012 e già ascritti al Procuratore della Repubblica di Siracusa del tempo, Ugo Rossi, che per quei fatti era già stato già definitivamente condannato. Nella contestazione si attribuiva al Toscano, all’epoca procuratore aggiunto a Catania già da diversi anni, di avere convinto il Rossi, su pressioni dell’Amara, alla co-assegnazione di un procedimento a carico del suddetto Amara, procedimento per il quale era stato già designato solo il Sostituto Dr. Marco Bisogni (oggi componente togato del CSM), in tal modo privato “dell’autonomia valutativa nell’ambito delle conferenti indagini”.
La inverosimiglianza delle accuse meritava un vaglio rigoroso già in fase di indagini, tanto più che il reato sarebbe stato commesso dal Rossi per aver adottato un provvedimento certamente rientrante tra le sue prerogative, ma in violazione del suo dovere di astensione.
Questa la genesi dell’odissea patita dal Toscano, cui si aggiungeva ben presto un fatto veramente eclatante: poco tempo dopo la notifica dell’avviso di conclusione indagini nei confronti dell’accusatore Amara e dell’accusato Toscano (27 luglio 2018), nella stessa data (4 ottobre 2018) – e questo non può succedere, continua ad evidenziare l’ex pm – la Procura di Messina chiedeva al GIP, per l’Amara, l’archiviazione per prescrizione (che non gli spettava perché non ancora maturata) ed al GUP il rinvio a giudizio del co-indagato Toscano. Ancora sorprendentemente, il GIP disponeva il 15 ottobre 2018 l’archiviazione invocata per Amara, mentre il GUP, a sua volta, il 3 dicembre 2018, disponeva il rinvio a giudizio del Toscano.
L’accusa pubblica – e non può succedere, ribadisce ancora il Toscano – accantonava inoltre la documentazione relativa alla prescrizione assegnata arbitrariamente all’accusatore Amara, ritenendola discrezionalmente non rilevante e non riversava nel processo contro Toscano un elemento fondamentale per la difesa del medesimo. La reale posizione processuale dell’Amara veniva fuori solo alla fine del processo di primo grado, essendo stati estromessi dal fascicolo delle indagini tutti gli atti ed i riferimenti riguardanti Amara, il quale nel frattempo otteneva di definire alcune pendenze a suo carico con patteggiamenti, definiti vantaggiosi, la revoca della misura cautelare e, come si apprende oggi dalla stampa, i suoi beni non venivano colpiti da alcun sequestro conservativo.
Con la conseguenza di privare l’imputato ed i giudici di elementi indispensabili per valutare la attendibilità dell’Amara e la fondatezza dell’accusa.
Ecco perché, dopo il corretto maturare della prescrizione – 11 giugno 2020 – riconosciutagli con la sentenza di appello, il 24 gennaio 2022, il Toscano inoltrava un circostanziato esposto, in cui lamentava la dichiarazione contra legem, in favore dell’Amara, della prescrizione, applicata ad alcuni ed interpretata per altri, e non mancava di sottoporre al vaglio dei magistrati in indirizzo (procure di Catania, Reggio Calabria e Siracusa) fatti nuovi, venuti in evidenza dopo la conclusione del giudizio di Messina, e cioè le dichiarazioni fatte da Amara al Gip di Potenza, allorché ammetteva di avere raccontato ai Pm di Messina “le favole di Pinocchio”, ma anche provvedimenti giudiziari che ne avevano acclarato definitivamente l’inattendibilità, tanto che il Procuratore Generale di Perugia, dott. Sottani, attestava la “disinvolta spregiudicatezza del medesimo e l’intento di destabilizzazione delle istituzioni”.
Quindi, dalla confessione sulle menzogne riferite ai pm di Messina, si arriva alla collaborazione “tarocca” con la magistratura, come si ricava anche dalle recenti accuse al pm antimafia Ardita, indicato dall’Amara come appartenente alla cosiddetta loggia Ungheria. Il Pm. Ardita aveva reagito immediatamente, affermando che le dichiarazioni dell’Amara sono solo una “vendetta per le indagini condotte su di lui”, pertanto “false” e “sgangherate in cui non combacia nulla”!
Le medesime accuse di appartenenza alla fantomatica loggia Ungheria, formulate negli interrogatori resi da Amara ai PP.MM. di Milano tra il 6.12.2019 ed l’11.1.2020, erano state rivolte anche al Toscano, che avrebbe addirittura ricevuto il comandante della Guardia di Finanza, Generale Zafarana.
E’ di qualche settimana fa la notizia, pubblicata su diversi quotidiani, che i titolari dell’indagine milanese, Civardi e Di Marco, con il Procuratore aggiunto Romanelli, hanno inviato ad Amara avviso di conclusione indagini con l’ipotesi di reato di calunnia, commesso negli interrogatori resi ai PM di Milano dal 6 dicembre 2019 all’11 gennaio 2020, già per il solo fatto di avere indicato falsamente 66 persone quali “soggetti disponibili a dare un contributo alla realizzazione dello scopo dell’associazione segreta denominata Ungheria”, conseguentemente tacciate di essere responsabili del reato previsto dalla legge Anselmi, prospettando a loro carico la falsa incolpazione di aver aderito a un gruppo che, sempre a dire dell’Amara, “condivideva gli ideali dello Stato liberale garantista contro uno Stato giustizialista”, che “si proponeva quale continuazione della sciolta P2” e che, infine, si risolveva in un sostanziale scambio di favori per collocare persone di fiducia in posti-chiave, con decisioni assunte al di fuori dei luoghi istituzionali. Tutto ciò dovrebbe segnare il definitivo crollo della sua credibilità.
Invece, e rimane a maggior ragione inspiegabile, la Procura di Reggio Calabria, dopo aver iscritto l’esposto dell’ex pm Toscano come fatti non costituenti reato (mod. 45), senza svolgere alcun approfondimento, anche se espressamente invocato, ha chiesto al GIP l’archiviazione, e, oggi il GIP, a seguito di opposizione del Toscano, quale persona offesa, e dell’udienza camerale del 30 gennaio 2023, ha disposto l’archiviazione.
E ciò anche se è stato ritenuto sussistente (e non poteva essere altrimenti) l’errore, da parte dei p.m. procedenti e del GIP, commesso nella valutazione dell’intervenuta prescrizione pronunciata in favore di Amara (non si tratta però di reato perché mancherebbe l’intenzionalità).
Il GIP di Reggio Calabria sostiene anche che le successive confessioni di Amara non si appalesano utili a proposito della responsabilità penale dei magistrati messinesi ma che ogni inchiesta in merito alle dichiarazioni rese recentemente da Amara “non costituiscono argomento di competenza di questa A. G”.
Ci si chiede come mai, ancora una volta, invece di procedere, per ovvie ragioni di giustizia, ad accertare la veridicità delle propalazioni di Amara, rimettendo gli atti e le conseguenziali valutazioni, all’autorità giudiziaria ritenuta competente, ci si sia limitati, da parte del GIP di Reggio Calabria, a disporre l’archiviazione.
Silvio Maria Alecci