(https://www.repubblica.it) – Un’armata da rottamare. Semoventi, blindati e fuoristrada certificati come “usato sicuro” che in realtà non potevano funzionare. Nella corsa per rifornire l’esercito, a Kiev sono finiti mezzi incapaci di muoversi o di sparare, così logori da servire a stento per recuperare qualche pezzo di ricambio. E il problema – posto in luce anche da un’inchiesta del New York Times – è che società private americane si sono fatte pagare a caro prezzo per garantirne la manutenzione. Non solo. I guasti maggiori sono nei contratti per il riarmo che il governo Zelensky ha affidato a compagnie statali ucraine: hanno ottenuto fondi per commesse in ogni angolo del pianeta che sono rimaste lettera morta, lasciando i reparti privi degli strumenti per combattere.
Sono stati aperti procedimenti contro almeno due di queste società pubbliche, mentre si sta cercando di migliorare le prestazioni delle altre. Sullo sfondo, aleggia il sospetto della corruzione che continua a essere altissima: ci sono stati scandali pure sugli appalti bellici, con il coinvolgimento di ministri e generali.
L’altro guaio è la gestione spesso sciagurata dei doni offerti dai Paesi Nato. Il caso più citato sono tredici cannoni mobili M109 L prelevati dai magazzini italiani e trasferiti al fronte solo per scoprire che erano ferri vecchi. Di fronte alle accuse, il nostro ministero della Difesa ha precisato che gli emissari del presidente Zelensky erano stati informati delle condizioni pessime di quei semoventi da 155 millimetri, rimasti per oltre un decennio all’aria aperta tra le risaie del Vercellese, ma che li avevano comunque voluti portare in Ucraina per farli revisionare lì.
E adesso il quotidiano rivela che una società statunitense – la Ultra Defense Corporation di Tampa (Florida) – ha incassato 19,8 milioni di dollari per rimettere a posto gli obici donati dall’Italia. Il responsabile degli acquisti militari ucraini Volodymyr Pikuzo nello scorso febbraio ha scritto una lettera di protesta al Pentagono: “La compagnia nel momento in cui ci ha offerto i suoi servizi non aveva nessuna intenzione di rispettare gli impegni”. Il top manager della Ultra Defense Matthew Herring ha risposto rimbalzando le responsabilità: “Ogni semovente era in condizioni perfette quando lo abbiamo consegnato, poi i soldati ucraini non li hanno saputi gestire”. Anche le perdite di liquido refrigerante, che si vede colare in abbondanza dai veicoli corazzati in alcuni video, “sarebbero comparse come per magia dopo l’arrivo in Ucraina”. O almeno così sostiene Mister Herring.
Un vero scaricabarile, anzi scarica-carro armato, che si è ripetuto in altri contratti. Sia negli ordigni raccattati in tutti i continenti: dalle munizioni pakistane ai surplus marocchini, dalla contraerea giordana agli elicotteri slovacchi. Sia negli armamenti regalati dal Pentagono, che per sostenere la resistenza contro l’invasione russa ha fatto ricorso soprattutto agli accantonamenti di materiarli più lontani dall’Europa: una scelta pare dettata dalla volontà di non sguarnire le scorte nella zona più calda. Sono stati così destinati all’Ucraina i mezzi accumulati in Kuwait dopo la fine delle campagne irachene contro l’Isis. Sulla carta, dovevano essere tutti perfettamente operativi: un’azienda viene pagata per occuparsi della manutenzione, in modo da poterli usare sul campo di battaglia senza preavviso. La realtà invece è stata molto più amara.
Dei 29 fuoristrada Humvee stipati nei magazzini di Camp Arifjan e dichiarati “pronti all’azione”, ben venticinque si sono rivelati pieni di difetti. Un’altra ditta è stata incaricata di sostituire batterie, cambiare freni, riparare trasmissioni, mettere a posto sedili: ad agosto di nuovo è stato certificato che tutto era ok. Quando sono arrivati in Polonia, nel centro di smistamento finale per l’Ucraina, un’ispezione ha scoperto che gli pneumatici di 25 Humvee erano rotti e non c’erano gomme di riserva. Si sono persi altri mesi preziosi prima di poterli definitivamente dare ai soldati di Kiev.
La stessa cosa, forse ancora più grave, è accaduta con sei cannoni M777 da 155 millimetri che nella primavera 2022 si voleva spedire urgentemente agli ucraini. Le verifiche nel deposito kuwaitiano hanno fatto emergere che non ricevevano manutenzione da quasi due anni: uno era talmente malmesso da venire considerato “pericoloso per la vita del personale”. Ci sono stati tre mesi di lavori e poi la partenza per la prima linea. Ma il check definitivo in Polonia è stato impietoso: tutti e sei avevano ancora difetti tali da renderli inservibili.
Questa gestione disastrosa è stata messa nero su bianco lo scorso 23 maggio in un rapporto dell’ispettorato generale del Pentagono. Il report infatti è un campanello d’allarme per l’Us Army: se la disponibilità di armamenti esiste solo sulla carta, l’intero sistema di mobilitazione per affrontare i conflitti nel mondo va in crisi. La dottrina americana infatti prevede di trasferire dagli Usa soltanto gli uomini, lasciando i materiali nei depositi più vicini ai teatri caldi, in Europa, in Medio Oriente e in Asia. Di fronte alle contestazioni, i responsabili della manutenzione hanno replicato con una sola osservazione: c’è stato concesso solo un terzo dei fondi che avevamo richiesto, di più non potevamo fare…
Adesso l’Ucraina guarda al futuro. Sergiy Boyev, viceministro per l’industria strategica, ieri ha spiegato che ci sono trattative in corso con gruppi tedeschi, francesi, italiani e dell’Europa orientale per costruire fabbriche belliche in patria: “Stiamo portando avanti discussioni molto dettagliate e siamo certi che arriveremo ai contratti nel giro di pochi mesi. La deterrenza delle aggressioni richiederà una forte industria della difesa in Ucraina. Per questo crediamo che i partner internazionali verranno da noi per installare le catene di montaggio: renderci parte del sistema di sicurezza è essenziale per il mondo libero”.
L’interesse è focalizzato soprattutto sui droni, sugli apparati per contrastarli e sui missili a lungo raggio: tecnologie che raramente vengono concesse ai Paesi terzi. Finora si è parlato solo di contatti con la Bae britannica e la Rheinmetall tedesca per realizzare impianti per costruire e riparare artiglierie e mezzi corazzati. Ma evidentemente a Kiev si preparano a un conflitto di lunga durata, con il desiderio di rendersi autonomi pure negli armamenti più sofisticati.