Il governo brasiliano cambierà la Carta d’identità nazionale (Cin) per renderla “più inclusiva e rappresentativa”.
Il nuovo documento non farà più distinzione tra denominazione sociale e denominazione anagrafica; d’ora in poi conterrà solo il nome con cui la persona si dichiara nell’atto di emissione. La carta d’identità, inoltre, verrà stampata senza il campo sesso. Il decreto che regolerà l’emissione del documento di riconoscimento con le modifiche, chieste dal ministero dei Diritti Umani e della Cittadinanza, dovrebbe essere pubblicato a fine giugno. L’obiettivo è promuovere maggiore cittadinanza e rispetto per le persone Lgbt.
Le modifiche alla carta d’identità nazionale sono state chieste dal ministero dei Diritti Umani e della Cittadinanza, con l’obiettivo di promuovere maggiore cittadinanza e rispetto per lesbiche, gay, bisessuali, travestiti, transgender, queer, intersessuali, asessuali (Lgbtqia+) e sono parte dell’impegno del governo per le politiche pubbliche rivolte a questi cittadini.
I matrimoni gay quadruplicati in 10 anni
In Brasile, i matrimoni tra persone dello stesso sesso sono aumentati di quattro volte negli ultimi dieci anni, secondo i dati dell’Associazione nazionale dei catasti delle persone fisiche (Arpen-BR). Nel 2013, il Consiglio nazionale di giustizia iniziò ad autorizzare questo tipo di unione negli uffici dello stato civile e da allora i matrimoni sono quadruplicati, arrivando a 12.897 nel 2022, rispetto ai 3.700 del 2013. Le quasi 13 mila unioni hanno rappresentato solo lo 0,02% di tutti i matrimoni avvenuti lo scorso anno.
Il riconoscimento legale delle unioni omo-affettive è stato, per anni, una delle principali bandiere del movimento Lgbt, che ogni anno organizza a San Paolo la sfilata del gay pride, considerata la più grande del mondo.
Negli ultimi dieci anni sono state registrate 73.640 unioni civili tra persone dello stesso sesso, il 56% delle quali tra coppie femminili. Lo Stato brasiliano con il maggior numero di matrimoni è San Paolo (il più popoloso del Paese), con 30.000, pari al 38,9%, seguito da Rio de Janeiro, con l’8,6%.
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