È fuga di medici dagli ospedali italiani.
Tra salari bassi, stress, turni massacranti e aggressioni, secondo quanto riporta AnaooAssomed (l’associazione dei medici dirigenti), ogni giorno dieci camici bianchi si licenziano dalle nostre strutture. Ci sono quelli che decidono di trasferirsi all’estero per guadagnare di più e avere migliori occasioni di carriera, quelli che optano per lavorare in forma privata e quelli che tentano il concorso per medico di base, pensando così di avere una vita più serena.
I “gettonisti”, un fenomeno in espansione
Ci sono poi i cosiddetti “gettonisti”, coloro che vanno a tamponare le carenze di personale negli ospedali. Lo fanno tramite accordi tra le aziende sanitarie e le cooperative che fungono da intermediarie. Lavorano meno e guadagnano molto di più (110 euro all’ora) rispetto a quando erano assunti come dipendenti. Un fenomeno quello dei medici “gettonisti” sempre più in espansione e a cui il ministro della Salute Orazio Schillaci ha promesso di dare un freno. “Possibile che dovessi arrivare io per accorgermi che questo tipo di gestione degli ospedali è inaccettabile?”, ha detto. Il ministro intende limitare il numero di incarichi esterni, verificando prima la disponibilità del personale interno. Inoltre, vuole porre più attenzione nel controllare che i gettonisti” abbiano i requisiti professionali richiesti.
“Flusso in uscita inarrestabile”
Sulla fuga di medici, Pierino Di Silverio, segretario nazionale di AnaooAssomed, ha dichiarato a Il Messaggero: “Gli anni terribili della pandemia avevano accentuato questo fenomeno, ma ora il flusso in uscita sembra inarrestabile. Se nel 2022 avevamo calcolato sette medici che si licenziavano ogni giorno, quest’anno il dato è appunto vicino a quota dieci. Attenzione, sto parlando di coloro che se ne vanno per scelta, non perché vanno in pensione”.
I numeri
“Tra il 2019 e il 2021, 21mila medici hanno lasciato gli ospedali italiani. Quel dato elaborato da AnaaoAssomed includeva 12.645 pensionamenti, compresi quelli anticipati. Lo studio però faceva notare che in 8mila se ne erano andati per scelta, si erano licenziati, soprattutto nelle strutture sanitarie di regioni del Sud, come Calabria, Sicilia e Liguria, ma anche nel Lazio, in Lombardia e in Liguria”, scrive il Messaggero.
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