di Andrea Indini – www.ilgiornale.it – Il mantra è sempre lo stesso. “Emergenza solo percepita”. Beppe Sala si trincera dietro questa “lettura” ogni volta che infiamma la polemica. La mancanza di sicurezza in città? È tutta questione di sensibilità. E in questo, per i gusti del sindaco arcobaleno, i milanesi sono troppo sensibili. Lui, al contrario, sembra non avvertire il problema. Dopo le violenze di capodanno 2022, quando in piazza Duomo Sala una banda di nordafricani aveva messo le mani addosso a diverse ragazzine, ci aveva messo undici giorni per commentare e scusarsi “con le ragazze a nome della città”. Invece, quando si tratta di parlare di accoglienza, è sempre in prima linea. “Voglio costruire ponti non muri”, predicava all’inizio del suo primo mandato. “Sono l’anti Salvini”, diceva di sé imbandendo un picnic multietnico al parco Sempione. A distanza di sette anni, però, il tanto decantato “metodo Milano” è un lungo elenco di vittime, soprusi e violenze. Nulla di cui vantarsi, piuttosto una voragine da cui fuggire.
Il disastro di oggi parte da lontano. Caduto il centrodestra, la mission della sinistra è sempre stata: archiviare gli anni della “tolleranza zero”. E così ecco Giuliano Pisapia subito ridimensionare la presenza dei militari in città: niente più pattugliamento, soltanto presidio nelle zone sensibili. Cinque anni di lassismo che aprirono la strada a Sala. Che ieri, dopo ventiquattr’ore di rumoroso silenzio, si è trovato a dover commentare il brutale stupro della turista francese in stazione Centrale ad opera di un clandestino marocchino. “Non ho mai scaricato su altri le responsabilità…”, ha detto. Epperò da sette anni a questa parte non fa altro che negare l’emergenza. Qualora il primo cittadino avesse la memoria corta, gliele ricordiamo noi tutte le volte che ha voltato lo sguardo da un’altra parte.
Maggio 2017. Sala scende in piazza con altri esponenti del Partito Democratico. Marciano decisi al corteo “Insieme contro i muri”. Peccato che la manifestazione a sostegno dei migranti cada qualche giorno dopo l’accoltellamento di due militari in stazione Centrale. A ferirli è Ismail Tommaso Hosni, madre italiana e padre magrebino. Sulla sua pagina Facebook qualche video inneggiante all’Isis. Ai giornalisti che gli chiedono se la marcia non sia fuori luogo a ridosso di tale violenza, il sindaco replica che, se rivolgessero la stessa domanda ai militari, questi direbbero di no. E, giustificandosi di non avere “la bacchetta magica” (sigh!), spiega che serve “fare un passo alla volta”.
Gennaio 2019. In Italia infiamma la polemica sui decreti Sicurezza voluti dall’allora ministro Matteo Salvini. Sala, che si considera appunto l’anti Salvini, rilascia un’intervista a Domus: “Dobbiamo avere la consapevolezza che senza immigrati la città si ferma”. E rivendica: “Essere una città aperta e internazionale significa anche accogliere. Questa capacità – sottolinea – è uno degli elementi di forza di Milano, dove il 19% della popolazione è di origine straniera, contro il 9% nazionale”.
Nove mesi dopo si insedia il Conte Bis. I grillini sostituiscono la Lega col Partito democratico. E Sala twitta a manetta: “Quello che chiedo al nuovo governo è un cambio di passo nell’interpretazione della nostra società. A partire dai temi della sicurezza e dell’immigrazione”. Hashtag: clima-di-futuro. E chiede un’azione su due livelli, per chi sta arrivando e per chi si trova già in Italia. “Sui migranti già presenti voglio proporre il metodo Milano – scrive – un piano a lungo termine che coinvolga tutti, cercando soluzioni concrete e condivise”.
Gennaio 2022. Il capodanno in piazza Duomo, le gang di nordafricani e gli abusi sessuali. Sala e la sua amministrazione finiscono (ancora una volta) sul banco degli imputati. Ma il sindaco non ci sta. E durante un consiglio comunale va al contrattacco: “Non si può urlare al ‘far west’ ogni volta che c’è un problema”. E, poi facendosi scudo con altri fatti di cronaca accaduti in quei giorni, sentenzia: “Segnalo che gli ultimi fatti saliti agli infasti onori della cronaca hanno visto protagonisti di prima o seconda generazione come pure ragazzi provenienti da Bolzano”. Il più classico “mal comune, mezzo gaudio”. Che, però, non rende certo la città più sicura.
Luglio 2022, un pugno di mesi dopo le brutalità del capodanno in Duomo. Chiara Ferragni impugna Instagram e attacca. “Sono angosciata e amareggiata dalla violenza che continua a esserci a Milano”. E poi: “Ogni giorno ho conoscenti e cari che vengono rapinati in casa, piccoli negozi al dettaglio di quartiere che vengono svuotati dell’incasso giornaliero, persone fermate per strada con armi e derubate di tutto. La situazione è fuori controllo. Per noi e i nostri figli abbiamo bisogno di fare qualcosa. Mi appello al nostro sindaco Beppe Sala”. Lui, il sindaco, risponde come fa sempre: svogliato, quasi infastidito, comunque teso a minimizzare. Derubrica le polemiche a “una sensibilità della città” e invita a non considerare “la situazione drammatica” ma solo “degna di attenzione”.
E arriviamo a quest’anno. Marzo 2023. Sei persone accoltellate con un taglierino: quattro sono donne a cui è stato cercato di portar via il cellulare, due gli uomini che le hanno difese. L’orrore esplode tra viale Brianza, via Gluck e via Sammartini, a pochi passi della stazione Centrale. La belva è Abraham Rhasi, 23 anni, marocchino, irregolare. Anche in quel caso, sommerso dalle critiche, Sala commentava così su Instagram: “Non ho mai detto che non c’è un tema di sicurezza. Ho detto, e lo ribadisco, che Milano non è in emergenza”. I soliti distinguo. E le solite giustificazioni: “Il tema è che molte, quasi tutte, le grandi città del mondo vivono questi tipi di problemi”. Lui si è rassegnato a questo, i milanesi ancora no.