(https://www.today.it) – Milioni di euro nella ricerca su carne sintetica e proteine alternative. Anche se prodotti di hamburger “coltivati” non sono stati ancora autorizzati, la strada nell’Unione europea sembra tracciata. Basti andare a vedere i finanziamenti che Bruxelles ha deciso di investire nel settore per spingere la riduzione del consumo di prodotti di origine animale. Gli ambiti di ricerca sono stati precisati dalla commissaria alla Ricerca, Mariya Gabriel, in una lettera indirizzata all’eurodeputata leghista Rosanna Conte, che aveva chiesto delucidazioni rispetto alla sicurezza dei prodotti a base di carne cosiddetta “coltivata”.
Per il futuro prossimo Bruxelles ha investito nell’ambito del programma Horizon Europe (Orizzonte Europa) dando il via per il 2023-2024 a un tema di ricerca da 7 milioni di euro dal titolo “Carne sintetica e prodotti ittici sintetici – situazione attuale e prospettive future nell’Ue“.
Questa linea di ricerca, scrive la commissaria ha l’obiettivo “di sviluppare una base di conoscenze e una base fattuale sui potenziali aspetti di sostenibilità di questi prodotti alimentari”. Il tema rientra nel più ampio polo tematico denominato “Alimenti, bioeconomia, risorse naturali, agricoltura e ambiente”. Solo tra qualche mese sapremo però quali enti di ricerca avranno avuto accesso a questo finanziamento, visto che il bando è scaduto a fine febbraio. Nel recente passato l’Unione ha già finanziato progetti relativi alla cosiddetta ‘carne coltivata’.
Il progetto di Giant Leaps
Si tratta ad esempio di Giant Leaps che a partire dal 2021 ha ricevuto 10,3 milioni di euro, sempre nell’ambito del polo tematico 6, per un periodo di 4 anni. Sul sito si legge in maniera chiara che l’obiettivo è quello di “sostituire il consumo di proteine animali tradizionali nelle diete europee in modo che il 50% dell’apporto alimentare totale di proteine derivi da fonti proteiche alternative – come piante, microalghe, insetti e proteine monocellulari – entro il 2030“. La commissaria ha quindi precisato che questo finanziamento “riguarda la carne sintetica solo in misura limitata”. Giant Leaps vede la partecipazione di un vasto consorzio di ricerca (34 enti in totale) cui hanno aderito, oltre a 13 Paesi Ue, anche organizzazione di Stati Uniti, Canada, Svizzera e Regno Unito. Per l’Italia, sta contribuendo l’Università Federico II di Napoli.
Gabriela ha ricordato come siano poche le imprese al momento attive nella produzione di carne/latte sintetico che hanno ricevuto finanziamenti dell’Ue per la ricerca e l’innovazione. Per la carne sintetica nello specifico sono stati erogati circa 4,5 milioni di euro destinati a 4 progetti nell’ambito di Horizon 2020. Oltre alla carne “sintetica”, il nuovo programma Horizon prevede finanziamenti più generici sulle proteine alternative, come il progetto “Microbioma per il sapore e la consistenza nel cambiamento organolettico della dieta”. In tal caso si tratta di 9 milioni di euro stanziati per la ricerca sulla creazione di ingredienti a base di fermentazione per migliorare il sapore e la consistenza dei prodotti a base vegetale a base di carne, latticini e pesce.
Il problema del gusto
Una delle difficoltà maggiori che questo settore incontra per imporsi nelle tavole dei consumatori riguarda proprio il gusto, che non riesce ad “imitare” quello che dei cibi a base animale, che è uno degli elementi prioritari per l’acquisto. Una fetta importante di questo mercato, secondo gli esperti, non sono (solo) i vegani/vegetariani, ma i flexitariani, che pur non rinunciando del tutto alla carne sono disponibili ad acquistare alimenti di altra origine purché il sapore si accosti a quello di latte, bistecche e salsicce “vere”.
Il finanziamento servirà anche a studiare la sperimentazione di nuove tecniche di fermentazione di precisione e a sviluppare nuovi metodi di produzione di biomassa. Infine tra i progetti messi a bando ce n’è uno intitolato “Impatto dello sviluppo di nuovi alimenti basati su fonti alternative di proteine”, cui sono destinati 9 milioni di euro per ricercare il potenziale degli alimenti, compresi i prodotti a base di alghe e le proteine microbiche, per raggiungere gli obiettivi europei del Green Deal. A cosa servono queste ricerche?
La commissaria risponde che “l’obiettivo di questi temi è quello di colmare le lacune in termini di conoscenze ed esplorare le opportunità e gli inconvenienti che tali prodotti alimentari presentano, al fine di fornire la necessaria base fattuale di conoscenze”. In altri Paesi l’evoluzione (se può definirsi tale) è decisamente più celere e in due Paesi in particolare si è già arrivati alla commercializzazione di prodotti derivati da queste tecnologie. Si tratta di Singapore, che ha battuto tutti sul tempo ammettendo dal 2020 la vendita di “bocconcini di pollo”, e gli Stati Uniti, grazie alla recente autorizzazione da parte della Food and drug Administration.
Costi sempre più competitivi
Quello che un tempo sembrava un miraggio, oggi è realtà. Se per produrre un hamburger di carne di manzo sintetica nel 2013 erano stati necessari oltre 200mila euro, dal 2019 ne bastano circa 9. Nonostante risulti ancora molto più costoso di qualsiasi hamburger nei supermercati, il progresso è innegabile e l’Ue con questi fondi sembra intenzionata a sfruttarne il potenziale.
“L’Unione europea ha stanziato finora oltre 21 milioni di euro per finanziare progetti volti a portare sul mercato la carne sintetica” ha dichiarato Rosanna Conte, europarlamentare della Lega, commentando: “Si tratta di uno spreco di risorse pubbliche, oltre che uno schiaffo ai nostri agricoltori. La carne artificiale spezza il rapporto millenario tra cibo e natura”. Secondo la deputata, che fa parte del gruppo “Identità e democrazia”, mancano certezze scientifiche sulla sicurezza per la salute umana.
Sulla stessa linea il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, che ha lanciato una battaglia anche contro l’etichetta nutrizionale Nutriscore. Al di là delle abitudini alimentari personali l’Italia è particolarmente interessata da questa tematica sul piano economico. A sentirsi minacciati sono soprattutto i numerosi allevamenti che caratterizzano in particolare alcune aree della Lombardia e dell’Emilia Romagna.
Lì la zootecnia la fa da padrone, con impianti intensivi di bovini, ma non solo, che tengono in piedi diversi reparti dell’agroalimentare. Un settore già messo in crisi dall’aumento dei prezzi dei mangimi e del gas, nonché dalla volontà di Bruxelles di far “slittare” gli europei verso diete a basso consumo di carne e latte animale.