Bergamo, 2 feb. (Adnkronos) – Già a partire dal 28 febbraio 2020 il primo Comitato tecnico scientifico era a conoscenza dello “scenario più catastrofico per l’impatto sul sistema sanitario e sull’occupazione delle terapie intensive” in Lombardia dovuto alla diffusione del Covid. E’ quanto emerge nell’avviso di chiusura indagine firmato dalla procura di Bergamo e che conta 19 indagati. Nonostante questo, secondo i pm orobici, componenti del Comitato tecnico scientifico, tra cui Silvio Brusaferro, Franco Locatelli e Agostino Miozzo, non proposero “l’estensione delle misure previste per la cosiddetta ‘zona rossa’ ai comuni della Val Seriana, inclusi i comuni di Alzano Lombardo e Nembro”.
Un ‘no’ alla zona rossa che arrivò nel corso della riunione del Cts del 27 febbraio 2020, nonostante “avessero ricevuto un rapporto aggiornato dei casi totali registrati a quella data in Lombardia pari a 401, con un incremento giornaliero, nel corso dei 5 giorni precedenti, di circa il 30%” mentre il giorno successivo si sarebbero limitati a proporre, “esclusivamente misure integrative” (tra le altre, sospensione degli eventi e delle manifestazioni sportive, chiusura dei servizi educativi dell’infanzia e delle scuole di ogni ordine o grado) “senza, invece, proporre l’estensione delle misure previste per la cosiddetta ‘zona rossa’ ai comuni della Val Seriana”, inclusi i comuni di Alzano Lombardo e Nembro”, nonostante a quella data il Cts “fosse a conoscenza del numero di casi (531) registrati sino a quel momento nella Regione Lombardia e del relativo incremento rispetto ai giorni precedenti, e nonostante avessero a disposizione tutti i dati per stabilire che in Lombardia si sarebbe raggiunto il numero di 1000 casi dopo solo 8 giorni dall’accertamento del primo caso e che quindi bisognasse tempestivamente estendere anche ad altre zone le misure di distanziamento sociale della zona rossa”. Un no alla chiusura che, per la procura, ha determinato una diffusione incontrollata del Covid e un’impennata dei morti.