Un referendum abrogativo della normativa sulla fornitura di armi alla Repubblica d’Ucraina: non solo è possibile ma è doveroso.
Siamo ormai ad un anno dallo scoppio del conflitto tra Federazione Russa e Repubblica d’Ucraina e le varie misure sin qui adottate in ambito internazionale (sanzioni, fornitura di armi, etc…) hanno avuto come unico effetto solo quello di determinare una recessione nei Paesi Occidentali ed un continuo inasprimento del conflitto con possibile allargamento dello stesso.
Quanto alla posizione dell’Italia facciamo un breve riassunto:
– l’Italia (all’epoca vi era l’Esecutivo presieduto dal Prof. Mario Draghi) a suo tempo avrebbe potuto astenersi in seno al Consiglio dell’Unione Europea dal deliberare la fornitura di armi alla Repubblica d’Ucraina e non sarebbe stata obbligata a contribuire al finanziamento dell’operazione deliberata. Ciò e’ previsto dall’ articolo 5 della decisione del Consiglio dell’Unione Europea 2021/509 (istitutiva dello strumento europeo per la pace finalizzato al finanziamento, da parte degli Stati membri, delle azioni dell’Unione nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune – PESC – per preservare la pace, prevenire i conflitti e rafforzare la sicurezza internazionale). L’articolo 31 paragrafo 1 (inserito nel capo concernente proprio le disposizioni sulla Politica estera e di sicurezza comune) del Trattato sull’ Unione Europea prevede, a sua volta, che qualora uno Stato membro dichiari di astenersi non è obbligato ad applicare la decisione anche se la stessa impegna l’Unione prevedendo come unica conseguenza che lo Stato membro del Consiglio che si sia astenuto, debba astenersi dall’intraprendere azioni che possano contrastare od impedire l’azione dell’Unione. Per inciso l’articolo 5 paragrafo 3 di detta decisione prevede, nel caso in cui uno Stato abbia dichiarato di astenersi con riferimento alla delibera di una misura di assistenza che consente la fornitura di materiali o piattaforme militari concepiti per l’uso letale della forza, che lo Stato medesimo non contribuisca ai costi di tale misura di assistenza, essendo tenuto solamente a versare un contributo supplementare a misure di assistenza diverse da quelle relative alla fornitura di materiali e piattaforme militari concepiti per l’uso letale della forza.
– la posizione assunta ha portato di fatto l’Italia ad essere un Paese co belligerante in difformità con l’articolo 11 della Costituzione e con le norme di diritto internazionale pubblico. La Repubblica di Ucraina non è uno Stato membro dell’Unione europea, non fa parte del Patto atlantico e manca a tutt’oggi una delibera del Consiglio di Sicurezza dell’Onu implicante l’uso della forza;
– continuiamo da un anno, e la misura proseguirà almeno sino al 31.12.2023 in forza delle recenti normative approvate, a fornire armi ad uno dei contendenti: in proposito è ormai prossimo il sesto Decreto Ministeriale, senza che nulla sia stato fatto diplomaticamente per cercare una soluzione di pace, mentre la guerra si fa sempre più aspra e vi è la minaccia di un suo allargamento.
E’ arrivato il momento, anche per il mondo cattolico, di una iniziativa concreta quale un referendum abrogativo della normativa sulla fornitura di armi per dire basta a questa situazione: non si può volgere lo sguardo altrove. Papa Giovanni XXIII nella lettera enciclica Pacem in Terris (11 aprile 1963) affermava «Cerchino, tutte le nazioni, tutte le comunità politiche, il dialogo, il negoziato. Bisogna ricercare ciò che unisce, tralasciando ciò che divide”.
Prof. Daniele Trabucco
avv.to Filippo Borelli