(https://roma.corriere.it) – Con una terapia ad hoc, prima, ha consentito a una paziente di dimagrire. Poi, una volta carpita la fiducia, Stefano Maria Cogliati Dezza, 71 anni, psichiatra, ha spinto la donna ad avere rapporti intimi estremi, come farsi frustare o passare la cera calda sulla schiena. Pratiche così dolorose da imporre iniezioni per abbassarle la soglia del dolore, mentre la stupra. È la ricostruzione della procura che ha convinto il gup Valeria Tommassini a condannare il medico a 4 anni e sei mesi di reclusione con l’accusa di violenza sessuale al termine del rito abbreviato.
Il gup ha anche riconosciuto le aggravanti come l’uso di strumenti di offesa contestato dal pm Alessia Natale che aveva chiesto una condanna a sei anni e sei mesi di reclusione.
La vicenda risale al dicembre del 2019. La paziente, 25 anni, ha dei problemi a perdere peso. Lo sport o il nutrizionista non le hanno permesso alcun miglioramento. Inoltre la giovane soffre anche di un disturbo bipolare che complica la situazione. Allora decide di rivolgersi a uno psichiatra, Cogliati Dezza, in passato direttore sanitario della Casa di Cura Villa Giuseppina, dal 2014 riconvertita dalla Regione Lazio in struttura residenziale psichiatrica.
Ecco la ricostruzione dell’accusa di come è maturato il rapporto tra la giovane e l’imputato dal momento della loro conoscenza. All’inizio la ragazza prende dei farmaci che l’aiutano a perdere peso in modo importante. Le sembra di vivere una nuova esistenza. Il principale effetto della perdita di peso è, però, la nascita di un legame di soggezione della paziente verso il medico. Che convince la ragazza ad avere rapporti intimi estremi per mesi. Ecco l’elenco degli strumenti che impiega: fruste, candele, pinze e bastoni.
Lui la lega al letto, la benda, la frusta, le cola sulla schiena la cera calda. Pratiche che le provocano sofferenza fisica. Allora il medico le fa delle iniezioni che le abbassano la soglia del dolore, anche se solo negli intervalli di tempo in cui il medico la stupra. Il legame va avanti da dicembre 2019 all’ottobre del 2020, quando la giovane ritrova la lucidità e con l’aiuto del padre, decide di denunciare il medico. «La ragazza ha trovato nella giustizia chi ha capito il suo stato d’animo». dice l’avvocato Giuseppe Di Nardo, il legale attraverso cui la giovane si è costituita parte civile.