E’ salva l’etichetta di origine che obbliga ad indicare sulla pasta la provenienza nazionale o straniera del grano impiegato, come chiede il 96% dei consumatori. E’ quanto afferma la Coldiretti, nel commentare positivamente le sentenze del Tar del Lazio che hanno respinto i ricorsi di alcune industrie del settore.
Un provvedimento valido anche quest’anno, grazie alla firma dei ministri dell’Agricoltura, Sovranità alimentare e Foreste, Francesco Lollobrigida, delle Imprese e Made in Italy, Adolfo Urso e della Salute Orazio Schillaci, al decreto interministeriale che proroga fino al 31 dicembre 2023 i regimi sperimentali dell’indicazione di origine, come fortemente richiesto dalla Coldiretti.
Il decreto prevede che le confezioni di pasta secca prodotte in Italia, spiega la Coldiretti, debbano indicare il nome del Paese nel quale il grano viene coltivato e quello di molitura.
Se proviene o è stato molito in più paesi possono essere utilizzate, a seconda dei casi, le seguenti diciture: ‘paesi Ue’, ‘paesi Non Ue’, ‘paesi Ue e Non Ue’. Inoltre, se il grano duro è coltivato almeno per il 50% in un solo Paese, come ad esempio l’Italia, si può usare la dicitura: “Italia e altri Paesi Ue e/o non Ue”. Una misura che ha spinto tutte le principali industrie agroalimentari a promuovere oggi delle linee produttive con l’utilizzo di cereale interamente prodotto sul territorio nazionale. Per acquistare la vera pasta Made in Italy 100%, quindi, ricorda la Coldiretti, basta scegliere le confezioni che riportano le indicazioni “Paese di coltivazione del grano: Italia” e “Paese di molitura: Italia”. (ANSA).