In Pakistan la normativa sulla blasfemia “prevede il carcere a vita o la possibilità della pena capitale per chiunque abbia insultato il Corano o il profeta Maometto, ma ora può essere applicata anche per sanzionare chiunque sia stato condannato per aver insultato persone collegate al medesimo profeta. Il giro di vite è stato disposto dal Parlamento per inasprire le già rigide leggi nazionali”.
Lo riferisce la fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre. Quanti sono stati condannati per aver insultato mogli, compagni o parenti del profeta Maometto rischiano 10 anni di carcere, pena che può essere estesa all’ergastolo, oltre a una multa di 1 milione di rupie. L’accusa di blasfemia diventa inoltre un reato per il quale non è possibile la cauzione. L’inasprimento delle pene scaturisce da un disegno di legge presentato da Abdul Akbar Chitrali, parlamentare appartenente a un partito politico religioso.
“La notizia dell’approvazione del disegno di legge rappresenta un segnale estremamente preoccupante”, commenta Alessandro Monteduro, direttore di Aiuto alla Chiesa che Soffre – Italia. “La normativa finora ha di fatto favorito la persecuzione ai danni delle minoranze religiose, a cominciare da quelle cristiana e induista. Ora la situazione inevitabilmente peggiorerà”, aggiunte Monteduro.
“Spesso i cristiani vengono accusati strumentalmente di blasfemia da soggetti che vogliono semplicemente definire interessi privati. Il risultato è che gli accusati o vengono arrestati o diventano preda della reazione violenta delle folle”. “La normativa anti blasfemia viene usata anche come arma contro gli avversari politici” sottolinea ancora Monteduro concludendo: “L’inasprimento della normativa creerà maggiori opportunità per un uso improprio della stessa. Da oggi le minoranze religiose, a cominciare da quella cristiana, sono ancor più minacciate”. (ANSA).