Roma, 20 gen. (askanews) – Infondate dal punto di vista scientifico e ingiustificatamente allarmistiche. E’ così che in una lettera inviata oggi al Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e al ministro della Salute Orazio Schillaci, la Società Italiana di Endocrinologia (SIE), la Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica (SIEDP) – insieme alla Società Italiana Genere, Identità e Salute (SIGIS), la Società Italiana di Pediatria (SIP) la Società Italiana di Andrologia e Medicina della Sessualità (SIAMS), e l’Osservatorio Nazionale sull’Identità di Genere (ONIG) – si schierano contro le dichiarazione della Società Psicoanalitica Italiana (SPI) sul rischio di danni fisici e psichici dei farmaci bloccanti la pubertà nei bambini e negli adolescenti con disforia di genere, cioè che soffrono perché non si riconoscono nel sesso di nascita.
“Riteniamo che la posizione della SPI contenga errori di interpretazione e imprecisioni in contrasto con i dati scientifici ad oggi disponibili – dichiarano Annamaria Colao, presidente SIE, e Mariacarolina Salerno, presidente SIEDP -. Gli studi di follow up, infatti, dimostrano che i trattamenti con farmaci bloccanti la pubertà sono reversibili, consentono di guadagnare tempo per riflettere in modo consapevole sulla scelta di cambiare sesso e sono in grado di ridurre in modo significativo depressione, rischio suicidario e comportamenti autolesivi negli adolescenti trattati”.
Nella lettera al Governo gli esperti precisano che i farmaci vengono somministrati sempre in casi selezionati, con profondo disagio, approfonditi e studiati da un’equipe multidisciplinare, come descritto dalla Determina dell’AIFA. “Il trattamento con i farmaci bloccanti la pubertà in adolescenti con disforia di genere non è peraltro in sperimentazione, come erroneamente descritto dalla SPI, ma è stato autorizzato dal Comitato Nazionale di Bioetica nel 2018 e approvato da Determina dell’AIFA nel 2019, nonché sostenuto da raccomandazioni scientifiche anche internazionali e già ampiamente utilizzato nella pratica clinica”, puntualizzano Colao e Salerno. Inoltre, si sottolinea nella lettera, gli interventi per lo sviluppo del blocco puberale sono prescrivibili solo a pubertà già avviata su adolescenti che abbiano già iniziato lo sviluppo puberale (stadio 2 di Tanner).
Contraddittoria anche la considerazione secondo cui sarebbe sbagliato basare la valutazione dell’identità di genere sulle affermazioni del soggetto: l’auto-percezione di sé è infatti anche alla base di tutte le valutazioni in psicologia, anche all’interno dello stesso approccio psicoanalitico.
“Tutto questo rischia di creare un allarme ingiustificato nei ragazzi con disforia di genere in cui è presente una profonda sofferenza psichica legata anche al pregiudizio e allo stigma di chi nega che l’identità sessuale possa essere incongruente con il sesso assegnato alla nascita”, concludono Colao e Salerno. ASKANEWS