AGI.IT – Ideare un approccio innovativo per contrastare i segni del tempo in modo più sicuro ed efficace rispetto alle alternative attuali. Questo l’obiettivo a cui è stato orientato uno studio, pubblicato sulla rivista Nature Biomedical Engineering, condotto dagli scienziati dello Shenzhen Bay Laboratory, della Peking University Shenzhen Graduate School e dell’Università del Texas. Il team, guidato da Betty Kim, ha creato un cerotto cutaneo anti-rughe che tramite dei micro-aghi inietta RNA messaggero.
I ricercatori hanno utilizzato un modello murino per valutare l’efficacia e la sicurezza di questo approccio. Le rughe, spiegano gli esperti, sono provocate dal deterioramento delle fibre di collagene, una proteina molto presente nelle cellule dell’epidermide. Causato in parte dall’esposizione ai raggi ultravioletti, questi segni del tempo sono molto difficili da contrastare. L’RNA messaggero permette di istruire le cellule dell’organismo a produrre collagene.
I ricercatori hanno utilizzato 12 topolini, divisi in tre gruppi: alcuni, dopo essere stati esposti per 60 giorni alle radiazioni UV sono stati assegnati al trattamento standard con retinoidi, impiegati nelle cure della pelle, o alla somministrazione di mRNA. Gli ultimi quattro esemplari, facenti parte del gruppo di controllo, non erano stati esposti alla luce ultravioletta. Stando a quanto emerge dall’indagine, dopo 28 giorni, la pelle degli animali che avevano ricevuto l’mRNA era simile a quella dei topolini nel gruppo di controllo, mentre gli animali trattati con retinoidi mostravano circa il doppio delle rughe rispetto agli altri.
Dopo 56 giorni, l’effetto tendeva a svanire e le rughe a tornare ai livelli osservati prima del trattamento. Con il cerotto cutaneo, invece, l’efficacia del trattamento sembrava prolungata di circa il doppio del tempo. “L’mRNA – commenta Nicholas Gulati del Mount Sinai Hospital di New York – viene attualmente confezionato all’interno di vettori chiamati nanoparticelle lipidiche, che possono innescare una risposta immunitaria iperattiva, con il rischio che si verifichino infiammazioni o anafilassi. Le vescicole extracellulari, invece, non inducono tali problematiche, perché si verificano naturalmente nell’organismo. Le possibili applicazioni di questa tecnologia sono sconfinate”.
“Il nostro approccio – conclude Kim – potrebbe essere impiegato non solo per la cura e il ringiovanimento della pelle, ma anche per il trattamento di malattie genetiche, tumori e altre condizioni come l’artrosi. Le vescicole extracellulari potrebbero inoltre oltrepassare la barriera emato-encefalica, che impedisce agli agenti patogeni e a molti farmaci di raggiungere il cervello, per cui il nostro lavoro potrebbe aprire la strada allo sviluppo di terapie per il trattamento del tumore al cervello”.