Dopo i Twitter Files, che attestano come Twitter abbia influenzato il dibattito sul Covid, manipolandolo secondo le direttive della Casa Bianca e dell’FBI e censurando i contenuti divergenti rispetto alla narrazione pandemica, il Wall Street Journal ha pubblicato un’inchiesta su quelli che potremmo definire i Facebook Files. Si tratta di documenti appena rilasciati che mostrano come la Casa Bianca abbia, ancora una volta, svolto un ruolo chiave nella censura sui social media.
L’esecutivo democratico avrebbe fatto pressioni sui social di Mark Zuckerberg, per oscurare post relativi a contenuti «spesso veri», che potevano però essere percepiti come materiale «sensazionalistico, allarmistico o scioccante». In parole povere, per censurare quelle notizie “vere” ma scomode al governo democratico, che potevano generare incertezza, paure ed esitazioni sull’efficacia e la sicurezza dei vaccini anti-Covid.
I documenti sono stati pubblicati il 6 gennaio, nell’ambito del processo Missouri vs Biden, un caso contro presunte violazioni della libertà di parola da parte dell’amministrazione democratica, che vede coinvolti i procuratori generali del Missouri, della Louisiana, oltre a quattro querelanti della New Civil Liberties Alliance.
Dalle carte del processo sono emersi alcuni scambi di e-mail tra Rob Flaherty, il direttore dei media digitali della Casa Bianca, e un dirigente di Facebook, il cui nome non è stato reso noto.
Il 14 marzo 2021, Flaherty ha inviato un’e-mail al dirigente di Facebook, mostrando come il social partecipasse alla «diffusione di idee che contribuiscono all’esitazione vaccinale». Alla risposta imbarazzata del dirigente («Credo ci sia un malinteso»), il funzionario governativo ha reagito con fermezza, esigendo un cambio nella policy del social: «Non credo si tratti di un malinteso. Siamo seriamente preoccupati dal fatto che il vostro servizio sia uno dei principali motivi che spingono all’esitazione vaccinale, punto… Vogliamo sapere che ci state lavorando, vogliamo sapere come possiamo aiutarvi e vogliamo sapere che non state facendo il gioco delle tre carte…». Tanto è bastato affinché la piattaforma corresse ai ripari, cedendo alle imposizioni della Casa Bianca.
Il 21 marzo, il dirigente di Facebook inviava una mail in cui illustrava i cambiamenti di policy per «eliminare la disinformazione sui vaccini» e ridurre la «viralità dei contenuti che scoraggiano la vaccinazione», ma che non contenevano forme di «disinformazione perseguibile». Facebook si è inoltre impegnato a «rimuovere gruppi, pagine e account, quando promuovono in modo sproporzionato» questo genere di contenuti.
L’interesse della Casa Bianca non si è limitato “solo” a Facebook, ma si è esteso anche a Whatsapp e a YouTube. L’Inquisitore digitale della Casa Bianca ha interpellato Meta per sapere che cosa stesse facendo per «limitare la diffusione di contenuti virali» sulla app di messaggistica privata, «data la sua portata nelle comunità di immigrati e nelle comunità di colore». La società ha risposto tre settimane dopo con un lungo elenco di promesse.
Come se non bastasse, il 9 aprile, il rappresentante di Washington ha incolpato la società per la mancanza di zelo nel “controllare” il discorso politico (senza specificare a quale “contesto elettorale” si riferisse), esigendo rassicurazioni che tale negligenza non si sarebbe verificata nuovamente sul fronte vaccinale. Il funzionario ha accusato Meta di aver sviluppato tardivamente un algoritmo in grado di privilegiare le «notizie di qualità» per poi accantonarlo. La Big Tech si è limitata a chinare il capo: «Capito», è stata la risposta.
Pochi giorni dopo, il 14 aprile, Flaherty è tornato alla carica chiedendo conto del perché il «post più visto sui vaccini» in quella data fosse quello del conduttore conservatore di Fox, Tucker Carlson, «che dice che non funzionano».
Il 10 maggio la piattaforma inviava un elenco delle misure che Facebook aveva provveduto ad adottare per assecondare le richieste della Casa Bianca. In risposta, uno stizzito Flaherty infieriva sull’interlocutore, replicando che risultava «difficile prendere sul serio» le misure censorie di Meta.
Come rileva il Wall Street Journal, da queste e-mail emerge come il social di Zuckerberg abbia assecondato le ripetute pressioni della Casa Bianca e per questo migliaia di americani siano stati silenziati «per aver espresso opinioni scientificamente fondate ma divergenti dalla linea del governo».
di Enrica Perucchietti – www.lindipendente.online