Nel corso del processo a Trapani a carico di alcuni scafisti libanesi che agivano in Sicilia, stanno emergendo fatti inediti. La ricostruzione deriva dagli atti del procedimento. Dalle intercettazioni si percepiscono le manovre per depistare le indagini. Era la Ong tedesca Jugend Rettet a cercare e contattare gli scafisti, così – stando al procedimento in corso e a quanto riportato da La Verità – da poter inscenare finti salvataggi ad opera della nave Iuventa. Un dirigente di Save the Children avvisava i complici: “Chiudiamo quella chat, è una prova”.
Dalla mail di un esponente della tedesca Jugend Rettet partì questo messaggio finito agli atti del processo e destinato agli scafisti, chiamati “pescatori di motori”, per la velocità dei trafficanti di uomini di sganciare i propulsori per inscenare finti salvataggi.
Nelle carte del processo – prosegue La Verità – sono finite altre intercettazioni che sembrano evidenziare i costanti contatti tra Ong e scafisti. Almeno quattro quelli principali e gli investigatori annotano: “Sia il comandante, sia il primo ufficiale di coperta, sia il team leader della Ong erano a conoscenza della presenza di trafficanti durante il salvataggio e si attivavano durante le fasi del trasbordo dei migranti a smontare il motore”. La scena, stando alle carte dell’inchiesta, si è ripetuta diverse volte. I contatti col tempo si sarebbero fatti più intensi. Tanto che la Ong riusciva a sapere con precisione i punti in cui trovare le imbarcazioni e gli orari di appuntamento. “Quindi domani alle 6?”. “Sì”, la risposta secca. affaritaliani.it