di Caterina Giusberti per https://bologna.repubblica.it – L’ultimo a finire accoltellato vicino alla stazione, a fine novembre, viveva a Casa Merlani, un centro per minori stranieri non accompagnati gestito dal Ceis. L’aggressore stava in un’altra comunità, pochi centimetri più in là e avrebbe colpito il cuore. In un’altra struttura, del Csapsa, hanno dovuto togliere tutti i coltelli, per sostituirli con quelli a punta arrotondata. «E in ospedale mi hanno detto che se non l’avessimo fatto uno dei due sarebbe morto, perché il colpo era arrivato al poolmone», dice il presidente della cooperativa, Giulio Baraldi. Giacomo Rondelli, della cooperativa DoMani, all’Eremo di Ronzano, parla di episodi ricorrenti di «furti, spaccio, piccola criminalità».
Bologna ha un problema coi minori stranieri non accompagnati. Un’emergenza condivisa con altre grandi città del nord. Gli operatori parlano di un “flusso anomalo”, proveniente soprattutto dalla Tunisia, e non sanno più come maneggiare la situazione. «Per dare una mano a questi ragazzi – spiega il presidente del Ceis Giovanni Mengoli – abbiamo bisogno di costruire delle collaborazioni importanti con le forze dell’ordine, con la polizia locale, con l’Ausl. Non voglio generalizzare e neppure che passi l’idea che noi cooperative non siamo più capaci di gestirli: il fatto è che dall’estate scorsa i flussi sono cambiati. I ragazzi si richiamano qui tra loro, dalle comunità del sud Italia. E l’impressione è che siano pilotati da una rete di adulti».
Prosegue Baraldi: «Questo sistema è tarato sull’autonomia. Parliamo di appartamenti da 7/8 ragazzi con un solo operatore durante il giorno e qualche operatore di notte. Finora ha sempre retto perché si basava su ragazzi che collaboravano. Ma adesso l’utenza è cambiata. Arrivano qui con già dei riferimenti nella piccola delinquenza, hanno giri di guadagno molto diversi da quelli che gli possiamo proporre noi. Negli appartamenti c’è capitato di trovare gente arrivata da fuori, rottweiler, sostanze, oggetti rubati. In alcuni casi anche gli operatori sono stati minacciati. È una situazione che diventa pericolosa anche per chi lavora».
Sono minori, con tutte le fragilità che questo comporta. Ma mentre prima venivano dall’Africa centrale, negli ultimi mesi arrivano quasi tutti dall’Albania e dalla Tunisia. «Sfruttano il nostro sistema, sanno che in Italia un minore va sempre accolto e tutelato, com’è giusto – dice Rondelli – Hanno la consapevolezza che qui possono avere un tetto sulla testa e arrivano già sapendo che per finire al Pratello devi accumulare sette o otto denunce. Io penso che la comunità per questi ragazzi non funzioni. Questo non significa smettere di accogliere, ma che dobbiamo trovare modalità diverse. Insieme».
Le cifre del fenomeno
I numeri? In tutto il 2021 ne sono arrivati 530, 578 nel 2022: di questi, 422 hanno trovato posto nel Sai (Sistema accoglienza integrazione, la rete di posti pagati dal ministero) ruotando sui 350 posti che garantisce, e altri 156 sono rimasti fuori. Il che significa che fino a poche settimane fa il Comune pagava loro delle stanze d’albergo, mentre dal primo gennaio li ha ricollocati (sempre a proprie spese) in altre comunità tra Abruzzo, Marche, Campania.
«Manca un’equa ridistribuzione a livello nazionale e Bologna è particolarmente attrattiva – dice Annalisa Faccini, dirigente dell’area coesione sociale di Asp – Per adesso abbiamo risolto la situazione trasferendo i ragazzi che non riusciamo ad accogliere in altre comunità: ma è possibile che Bologna paghi l’integrazione di un ragazzino accolto a Benevento?». Quanto alle difficoltà di gestione: «Ci interessa molto collaborare con le forze dell’ordine per la gestione dell’illegalità». Sia dal punto di vista della «microcriminalità», che dall’esistenza di «reti di spacciatori che si procurano i cavalli già dalla Tunisia». Ecco perché, conclude la dirigente, «ci preme rilanciare un tavolo più ampio su questi temi, magari coordinato dalla Prefettura».