Italia alla canna del gas. Quanto spendiamo per i profughi ucraini, i dati choc

Profughi ucraini redistribuzione su base volontaria

Economia italiana in crisi e accoglienza dei profughi ucraini. Ecco come spendiamo il denaro. E’ tutto trasparente e virtuoso?

di Antonio Amorosiwww.affaritaliani.it – Una guerra non si ferma con le mani. La condizione di chi scappa dall’Ucraina, che sta vivendo la popolazione civile, è sicuramente un dramma incalcolabile. E l’Italia, per quanto viva una crisi economica importante è addirittura quarta in Europa per numero di rifugiati, con 170.000 persone accolte ancora ad ottobre.
Dal commercio ai servizi diffusi, dall’industria al turismo, alla ristorazione l’aumento dei costi legati all’energia ha messo in ginocchio ogni settore. Secondo Confcommercio-Imprese oltre ai posti di lavoro già persi sono a rischio 120.000 imprese per 370.000 posti di lavoro, vista la chiusura massiccia di attività, il peggioramento delle condizioni di vita generali e l’aumento dell’inflazione.

Se non consideriamo la Russia dove ci sono 2,8 milioni di profughi ucraini calcolati già a marzo di quest’anno al primo posto (ed è un dato di novembre) troviamo la Polonia, con quasi 1,5 milioni di ucraini accolti (lo dicono i dati dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati). Al secondo posto la Germania con più di un milione, al terzo la Repubblica Ceca con circa 455.000 profughi e poi noi. Ci sarebbero Stati come Francia e Regno Unito in condizioni economiche migliori delle nostre, o le stesse Olanda e Norvegia che stanno traendo ingenti profitti dall’aumento dei costi energetici, che hanno numeri di rifugiati molto minori dei nostri eppure…

Il governo Draghi ha stanziato a maggio 900 milioni di euro per aiutare i profughi ucraini

Molti sono arrivati in Italia per risiedere a casa di amici e parenti, data la vasta comunità già presente prima del conflitto. Ed è partita la rete di aiuti diffusi ed economicamente sostenuti. La quota più importante per il sostegno va in un sistema di accoglienza coordinata con il Terzo settore che si pratica con attività non sempre troppo pubblicizzate o trasparenti al vasto pubblico.

Il sistema d’accoglienza italiano prevede un contributo di 33 euro a persona al giorno, circa 1000 euro al mese, riconosciuto alle organizzazioni che hanno messo a disposizione i luoghi per l’accoglienza, anche in collaborazione con le famiglie private. Cifra che va a coprire le spese per il vitto, l’alloggio (o va alla famiglia ospitante), 2,50 euro al giorno (pocket money) al singolo ucraino a cui aggiungere i servizi di assistenza agli sfollati, dagli interpreti all’inserimento scolastico, dai consigli legali all’inserimento lavorativo. Anche se si tratta di stime si può considerare con una approssimazione credibile che i 1000 euro mensili si dividano per tre, tra organizzazione del Terzo settore, famiglia ospitante e profugo. La famiglia ospitante riesce a ricevere circa 300 euro tutti i mesi, per adesso, vista la mancata prospettiva di una pace, a tempo indeterminato. D’altronde i 1000 euro l’Italia “li dà” da anni per qualsiasi immigrato a cui è riconosciuto lo status di richiedente asilo e prima che il contributo venisse ridotto a 33 euro al giorno si destinava anche più denaro.

A questa spesa vanno aggiunti i contributi diretti che finiscono in tasca ad ogni ucraino adulto per i primi tre mesi, 300 euro ogni mese, e 150 per minore per lo stesso periodo di tempo. Ben poca cosa certo ma fino a che il dato è stato calcolato, pochi mesi fa, solo questo contributo è costato allo Stato italiano 22.388.000 di euro che è andato a 74.000 adulti e a più di 45.000 minori.

Che ne penserà di questa modalità di intervento chi non ha più un lavoro e un euro perché le bollette lo hanno fatto chiudere o ha fatto chiudere l’attività per la quale lavorava? La Lombardia è la regione che accoglie più ucraini, seguono Emilia Romagna, Campania, Lazio e Veneto, con una concentrazione dei profughi principalmente nelle grandi città.

Ma la domanda é: ha senso un trattamento per gli ucraini differente rispetto ad ogni altro rifugiato che scappa da un’altra guerra? Non sarebbe meglio intervenire sul costo dell’energia e dell’inflazione in modo da sostenere un tessuto economico più solido e vitale, migliore per tutti, anche chi si dovrà integrare? Invece di erogare denaro a pioggia ad alcuni e alimentare dei circuiti non sempre così trasparenti e virtuosi?

Perché l’Unione Europea non coordina piani di intervento che offrano occasioni di aiuto agli ucraini proporzionali al proprio tessuto produttivo e alla capacità economica di ogni Paese?