di Sveva Ferri (www.secoloditalia.it) – È vero che i dipendenti non sono stati pagati, che i minorenni in carico alla cooperativa si sono ritrovati senza acqua e corrente e che, come ritengono i pm, c’era qualcosa che non andava nel contratto di quel lavoratore invitato, secondo gli atti dell’inchiesta, a fatturare per metà dell’importo. Di fatto Marie Terese Mukamitsindo e a Liliane Murekatete, suocera e compagna del deputato di Verdi e Sinistra italiana Aboubakar Soumahoro, confermano diverse circostanze al centro dell’inchiesta della Procura di Latina sulla gestione delle coop per migranti in cui erano coinvolte, la suocera in particolare come presidente della Karibu. Ma guai a pensare a illeciti. Che volete, sono stati errori, leggerezze, atti di eccesso di bontà. E tutto il clamore suscitato dalla vicenda, va da sé, è solo dovuto al fatto che «vogliono affossare Aboubakar».
La suocera di Soumahoro: «Colpa dello Stato se non paghiamo»
In un’intervista doppia a Repubblica, che rappresenta la loro prima uscita pubblica dall’esplosione del caso, le due donne rifiutano l’accusa di aver sfruttato i migranti. «Tutto è stato speso per i rifugiati, cui ho dedicato 21 dei miei 68 anni. Tutto è rendicontato e posso provarlo», ha detto la presidente della Karibu, la coop nata nel 2001 nell’Agro pontino e arrivata a percepire dallo Stato, ricorda Repubblica, fino a 10 milioni l’anno per diversi progetti Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) e Cas (centri di accoglienza straordinaria). La prima domanda di Fabio Tonacci, che firma l’intervista è cosa ci sia di vero sui 400mila euro di stipendi arretrati ai lavoratori che risultano all’Ispettorato del lavoro. «Non abbiamo soldi da dargli – ha risposto Mukamitsindo – perché lo Stato non ci paga in tempo!».
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« Nel 2019, quando Salvini ha ridotto da 35 a 18 euro il rimborso per migrante tagliando assistenza sociale, corsi di italiano e psicologi, ho lasciato l’accoglienza per dedicarmi a progetti di integrazione. Ho diminuito i dipendenti, ma 54 li ho tenuti», ha proseguito, aggiungendo che «tuttavia, tra burocrazia e Covid i fondi arrivavano anche dopo un anno e mezzo», ha risposto la suocera di Soumahoro, sciorinando poi i numeri dei crediti vantati dalle pubbliche amministrazioni e aggiungendo che «coi miei risparmi ho versato alla coop 45 mila euro».
«Il contesto in cui operiamo è complicato, CasaPound ci attacca e ci minaccia», ha poi aggiunto subito dopo la donna, sebbene non si capisca il nesso tra i guai finanziari della sua coop e le eventuali difficoltà del contesto politico, se non quella di creare uno slittamento dei piani che distolga dalle circostanze all’attenzione della magistratura. CasaPound, che da anni denuncia pubblicamente l’esistenza di «stranezze» intorno alla cooperativa, sta valutando una querela.
Quell’«errore» commesso per eccesso di bontà
«Il mio errore è stato non licenziarli prima. Quando ci siamo accorti che gli anticipi dello Stato arrivavano troppo tardi avrei dovuto avere il coraggio di farlo, ma li conosco da vent’anni e ho preferito aspettare», si è quindi giustificata la donna. E le tracce di pagamenti da conti esteri? Mukamitsindo, indicando in una certa Barbara la responsabile della contabilità, ha sottolineato che si tratta di «una commercialista indicataci dalla Lega delle cooperative», ha risposto che è «impossibile, abbiamo un solo conto con Banca Intesa».
Quanto alle accuse rivolte dai ragazzi minorenni del centro di Latina, sul fatto che non c’erano elettricità e acqua, che il cibo era scadente, che erano trattati male, non ricevevano vestiti e che c’erano episodi di razzismo, la presidente di Karibu ha risposto che «i ragazzi, che hanno un tutore legale, non si sono mai lamentati con noi. A luglio si è rotto l’impianto idraulico e abbiamo chiuso quello elettrico per precauzione, quindi abbiamo chiesto al Comune di trasferire i ragazzi in altra struttura». «E quella frase sul razzismo – ha precisato poi la figlia – è riferita a uno dei posti dove sono stati portati dopo».
Le denunce dei minorenni? «Forse sono stati manipolati»
Capitolo cibo: anche due dipendenti, tra i quali l’ex cuoca, hanno detto che non era abbastanza. «La cuoca è arrabbiata perché deve essere ancora pagata e il contratto le è scaduto. Dei ragazzi non so, forse sono manipolati», ha detto Mukamitsindo, puntando l’indice contro il sindaco che ne ha raccolto le denunce. Quanto al lavoratore del Consorzio Aid invitato, secondo l’inchiesta a spedire una fattura per metà dell’importo, la donna ha detto di esserne venuta a conoscenza «per caso». «Cercavamo un mediatore che parlasse arabo e si è presentato un egiziano, diceva di avere i documenti in regola. Ha lavorato per noi un mese come manutentore, faceva anche da mediatore. Solo dopo abbiamo scoperto che non aveva documenti e, supponiamo, neanche il permesso di soggiorno». «Quel caso – ha aggiunto – è stato gestito con troppa leggerezza, se l’avessi saputo non l’avrei permesso».
La conclusione vittimista: «L’obiettivo è Aboubakar Soumahoro»
Insomma, stando al racconto delle donne in tutta la vicenda non vi sarebbe alcun dolo, ma solo il sommarsi di coincidenze sfortunate. E se sul caso «scoppia questo scandalo» è perché «l’obiettivo è Aboubakar», il quale, ha rivendicato la compagna, «non era al corrente» di nulla, perché «non si è mai interessato alla coop» e «in famiglia non ne parliamo». Ma la Lega Braccianti di Soumahoro ha sede allo stesso indirizzo di Latina della Karibu, ha quindi obiettato il cronista. «È una sede come tante altre, lui non veniva mai. Ci ha messo un ragazzo per fare campagne di sensibilizzazione sui braccianti sfruttati», è stato il modo in cui la suocera ha liquidato la faccenda.