Covid, studio: pietra tombale sulle campagne pro-vax

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di Paolo Bellavite –  Nelle campagne vaccinali, un aspetto importante da considerare è il loro impatto sulla trasmissibilità dei patogeni, che ha importanti implicazioni per le politiche di salute pubblica. Poiché la carica virale è un fattore importante dell’infettività, la soglia del ciclo rt-PCR (Ct), può essere utilizzata per studiare l’efficacia del vaccino sulla contagiosità.

L’importante rivista Nature Communications (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/36344489/) pubblica uno studio israeliano (quindi su prodotto Pfizer), dimostrante che la recente inoculazione riduce la carica virale per un paio di mesi ma il suo effetto svanisce rapidamente e poi si inverte (cioè gli inoculati hanno nel naso più virus dei non inoculati).
Ciò è dovuto alla combinazione del rapido declino dell’immunità vaccinale e dell’evasione virale (varianti). Gli individui guariti da COVID-19 sono invece meno contagiosi.

Gli autori sostengono che si dovrebbero ripensare le campagne vaccinali considerando le false rassicurazioni dovute alla breve durata all’immunità sterilizzante. L’immunità di breve durata suggerisce di concentrare la necessità di richiami solo per i gruppi ad alto rischio.

Solo due considerazioni mie: 1) c’è da chiedersi perché le grosse riviste “scientiste” si sveglino dopo due anni e comincino ora a pubblicare critiche ai “vaccini”; 2) bisogna notare che quando si parla del vantaggio per i gruppi ad “alto rischio” si dovrebbero mettere in conto gli effetti avversi degli inoculi, soprattutto se ripetuti.

prof. Paolo Bellavite –  https://t.me/PaoloBellavite/5366