Guerra Ucraina, anche alcuni Paesi europei hanno aumentato gli scambi con la Russia

Putin energia

Gli scambi con la Russia hanno registrato un aumento per diversi Paesi nel mondo, tra cui anche alcuni europei, nonostante le sanzioni conseguenti all’invasione dell’Ucraina. E’ quanto riporta il quotidiano Usa “New York Times” in un articolo che traccia il volume delle importazioni e delle esportazioni con Mosca dopo il 24 febbraio e lo confronta con la media dei 5 anni precedenti, in un periodo compreso fra il 2017 e il 2021. I dati sono stati elaborati dalle due agenzie per le ricerche di mercato Refinitiv e Kpler, e mostrano aumenti di grande portata per alcuni Stati, che vanno anche oltre le previsioni degli esperti.

La Cina, ad esempio, vista da molti come il potenziale partner principale della Russia nel prossimo futuro, per il momento registra un aumento degli scambi del 64 per cento, mentre il Brasile segna una crescita del 106 per cento, la Turchia del 198 e l’India, in testa alla classifica, segna un più 310 per cento. Se è logico pensare ad una crescita dello scambio commerciale con i Paesi che non hanno applicato sanzioni, meno immediata risulta la comprensione dei dati relativi al Belgio, che segna un più 81 per cento, o alla Spagna, che segna un più 57 per cento e ai Paesi Bassi, più 32 per cento. La Germania mostra solo un tre per cento in meno nel volume degli scambi, a fronte di Paesi come la Svezia, che registra un calo del 76 per cento, o il Regno Unito, che segna un meno 79 per cento. Una flessione meno marcata riguarda gli Stati Uniti, che hanno diminuito del 35 per cento gli scambi con la Russia, la Corea del Sud (meno 17 per cento) e il Giappone (meno 13 per cento).

Il quotidiano statunitense parla di un vero e proprio “boom” del commercio con la Russia quest’anno, perché con l’entrata in vigore delle sanzioni “le alleanze di Mosca sono cambiate”. I dati sottolineano quanto sia profondamente intrecciata l’economia russa con quella globale, e come i tentativi degli Stati occidentali di utilizzare sanzioni e altre misure abbiano avuto finora effetti limitati. La Russia, in quanto importante produttore mondiale di petrolio, gas e materie prime, ha avuto collaborazioni di lunga data e “rompere quei legami non è facile”, osserva ancora il giornale. Se infatti Stati Uniti e Regno Unito non hanno avuto molte difficoltà a privarsi del gas e del petrolio russo, perché da sempre modesti importatori, più complessa è la questione per Paesi come la Germania.

Gli Stati Uniti hanno già interrotto gli acquisti di petrolio russo e il Regno Unito lo farà entro la fine dell’anno. Ma nessuno dei due Paesi è un grande acquirente. L’Unione europea, che dipende fortemente dall’energia russa e, come molti Paesi, sta già lottando con l’inflazione, è stata più lenta ad agire. L’Europa ha smesso di importare carbone russo ad agosto. Vieta tutte le importazioni di petrolio spedito via mare dalla Russia a dicembre e tutti i prodotti petroliferi a febbraio”, ricorda il “New York Times”.

Oltre all’energia, la Russia continua anche ad essere uno dei principali esportatori di altre materie prime essenziali, che vanno dai fertilizzanti all’amianto, dai reattori nucleari al grano. Le ragioni per il mancato flop degli scambi con alcuni Paesi occidentali diventano evidenti se si ricorda che le case automobilistiche internazionali dipendono ancora dalla Russia per il palladio e il rodio per la produzione di convertitori catalitici. Gli impianti nucleari francesi, inoltre, si basano sull’uranio russo, mentre il Belgio continua a svolgere un ruolo chiave nel commercio di diamanti con la Russia.  (www.agenzianova.com/news)