Quattro sfide: la pandemia, la pace e il bisogno della stessa, l’accoglienza fraterna e, infine, la custodia della casa comune ossia l’attenzione all’ambiente.
Papa Francesco, nel suo discorso in apertura della sessione plenaria al settimo Congresso dei leader delle religioni mondiali e tradizionali, a Nur-Sultan in Kazakistan, ha toccato quattro temi diversi e importanti.
“Mai come ora assistiamo a grandi spostamenti di popolazioni, causati da guerre, povertà, cambiamenti climatici, dalla ricerca di un benessere che il mondo globalizzato permette di conoscere, ma a cui è spesso difficile accedere – ha affermato il Pontefice-. Un grande esodo è in corso: dalle aree più disagiate si cerca di raggiungere quelle più benestanti. Lo vediamo tutti i giorni nelle grandi migrazioni. Non è un dato di cronaca, è un fatto storico che richiede soluzioni condivise e lungimiranti”.
“Certo, viene istintivo difendere le proprie sicurezze acquisite e chiudere le porte per paura – ha riconosciuto –è più facile sospettare dello straniero, accusarlo e condannarlo piuttosto che conoscerlo e capirlo. Ma è nostro dovere ricordare che il Creatore, il quale veglia sui passi di ogni creatura, ci esorta ad avere uno sguardo simile al suo, uno sguardo che riconosca il volto del fratello”.
E, quindi, l’esortazione: “Riscopriamo l’arte dell’ospitalità, dell’accoglienza, della compassione. E impariamo pure a vergognarci: sì, a provare quella sana vergogna che nasce dalla pietà per l’uomo che soffre, dalla commozione e dallo stupore per la sua condizione, per il suo destino di cui sentirsi partecipi”.
“È la via della compassione, che rende più umani e più credenti – ha aggiunto – Sta a noi, oltre che affermare la dignità inviolabile di ogni uomo, insegnare a piangere per gli altri, perché solo se avvertiremo come nostre le fatiche dell’umanità saremo veramente umani”. www.rainews.it