I vecchi di quindici anni

ragazzi

di Emiliano Scappatura – Leggendo di quel ragazzo torinese che ha scritto una tesina su Mario Draghi e ne ha ricevuto parole di encomio, e soprattutto delle motivazioni che ve lo hanno spinto (“Ecco perché ho fatto la tesina su Draghi: un idolo, meglio del calcio e di Ferragni. […] Mi trasmette fiducia e speranza. Ho incorniciato il suo messaggio. Il mio sogno? Impegnarmi in politica come lui per aiutare i ragazzi”) siamo stati colti da una profonda malinconia. Questo, beninteso, non perché crediamo che si debba inseguire, più che Mario Draghi, Chiara Ferragni, che anzi riteniamo assieme all’illustre marito (e non meno dell’illustre economista) una mezza sventura di questo paese. Non abbiamo ben chiara, noi che siamo lontani, per ragioni d’età, dal nuovo che avanza, questa figura dell’influencer (scritta rigorosamente in inglese) ma crediamo che non sia molto altro che il ruolo di chi si sa ben muovere tra le nuove opportunità che la tecnologia digitale offre per riuscire a condizionare l’opinione pubblica giovanile.

Nulla di nuovo sotto il sole. Il muoversi in massa è sempre stata una prerogativa dell’umanità e il problema è stata solo quella della scelta del capo: si è solo passati dalle piazze alle riviste a internet, tanto per seguire l’evoluzione storica. Come aveva preventivato Guy Debord quando ancora la televisione serviva ad intrattenere ed internet era qualcosa di avveniristico, verrà il tempo in cui per esistere si dovrà essere dietro una telecamera. Ogni tanto da questo gregge esce qualcuno che crede di essere un uomo libero solo perché va dicendo che lui non vuole il solito guinzaglio di pezza, lui è diverso da tutti gli altri, mica è una pecora come tutte. Lui il guinzaglio semmai lo vuole di pelle, firmato. Pretende di essere libero, ma in realtà è solo uno che i padroni li vuole con il nome più altisonante.

Ma il problema credo vada piuttosto inquadrato in un’altra dimensione. Fino a che si ha una certa età si può avere il diritto e, per come è la natura umana, entro certi limiti anche il dovere di sbagliare. È quindi lecito, accanto agli studi, avere anche idee sbarazzine come tirare calci a un pallone e parlare con gli amici di siti sciocchi tra cui, certo, anche quelli di Chiara Ferragni, o vestire in un certo modo che dopo qualche anno ci sembrerà stupido, leggere certe riviste e quant’altro. E un giorno, a vedere quello che siamo stati, saremo noi stessi a sorprenderci di noi stessi, che leggevamo e ascoltavamo quelle cose, e ci tagliavamo i capelli in un certo modo per sentirci fighetti e per piacere a una ragazza guarda un po’ cosa siamo stati disposti a fare.

Ma questo, naturalmente, non vuol dire che se a quattordici anni siamo stati quello poi non siamo finiti all’università e siamo diventati degli ottimi professionisti, dei medici, degli ingegneri, degli avvocati. Quelli sbagliati semmai sono quelli che non accettano poi di diventar grandi e le pettinature da quattordicenni ce le hanno ancora a cinquanta e alla fine assomigliano alla vecchia di Pirandello, tra quel comico e l’umoristico che in realtà è solo una forma di patetico.

Ma un altro tipo di uomo sbagliato è quello che a quattordici anni invece di pensare al calcio e alle ragazze legge Dostoevskij e pensa ai problemi del Medio Oriente. Non è un ragazzo che brucia le tappe, è solo uno che non vive la sua età, che una volta trascorsa non gli verrà più restituita. Orbene, noi non crediamo che questo giovane teenager torinese solo perché ha compreso presto la vuotezza dei discorsi di Chiara Ferragni e ritiene un’inutile perdita di tempo di fronte alla vastità dello scibile una partita di calcio mentre, per converso, s’è avviato a penetrare gli scritti di Federico Caffè e di Franco Modigliani (ma ci piacerebbe sapere quanto ha compreso degli illustri economisti) sia per questo avviato a una rosea carriera nel percorso della vita. In quel cammino, infatti, non vince chi parte a razzo lasciando tutti dietro dopo i primi metri ma chi, dosando bene le forze, si trova davanti agli altri quando il percorso sta per terminare.

Come ci stupiremo che quelli che erano i più alti di tutti alle medie poi, rivisti a vent’anni, s’erano ritrovati poi ad essere i più bassi: erano solo esplosi prima e lì s’erano fermati. E ci intimorisce anche questo suo modo intellettualistico di ragionare, di chi parla di volere aiutare gli altri, ad un’età in cui avrebbe lui stesso bisogno d’essere aiutato.

Preferiamo un’età in cui i ragazzi facciano i ragazzi e gli adulti gli adulti. Se poi, purtroppo, in questo sventurato paese, talvolta, gli ottantenni giocano a fare i ragazzini, pazienza. Ma incoraggiare i ragazzini a fare i vecchi ci sembra malinconico: che i nonni facciano i nonni, e si godano la pensione, loro che ancora riescono a prendersela.

prof. Emiliano Scappatura