Pluralismo democratico e principio di uguaglianza

raccolta firme liste elettorali

PLURALISMO DEMOCRATICO E PRINCIPIO DI UGUAGLIANZA: brevi note sulla problematica vicenda della raccolta di firme per la presentazione di liste alle elezioni politiche.
di Vincenzo Baldini

L’art. 1, comma 10, l. n. 165/2017 (Modifiche al sistema di elezione della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica) modificando l’art. 18-bis del DPR n. 361/57 (T.U. leggi recanti norme per l’elezione della CdD) ha previsto che la dichiarazione di presentazione delle liste di candidati in collegi plurinominali debba essere sottoscritta “da almeno 1.500 e da non più di 2.000 elettori iscritti nelle liste elettorali di comuni compresi nel medesimo collegio plurinominale o, in caso di collegio plurinominale compreso in un unico comune, iscritti nelle sezioni elettorali di tale collegio plurinominale”. Ciascuna lista, a pena di inammissibilità, è comunque tenuta a “presentare candidature in almeno due terzi dei collegi plurinominali della circoscrizione”. Le firme vanno raccolte entro il termine di cui al successivo art. 20 c.1 dello stesso DpR n. 361 ed il numero delle sottoscrizioni è abbattuto della metà solo in caso di scioglimento anticipato della Camera dei deputati che ne anticipi la scadenza di oltre centoventi giorni rispetto a quella di fine naturale della legislatura (art. 18-bis DPR 361/57).
A tale onere di sottoscrizione non erano tenuti invece -secondo la versione dell’art. 18-bis comma 2 del DPR n. 361/57 citato- “i partiti o gruppi politici costituiti in gruppo parlamentare in entrambe le Camere all’inizio della legislatura in corso al momento della convocazione dei comizi”. Tale esenzione era poi estesa per le prime elezioni successive all’entrata in vigore della legge n. 52/2015, anche a partiti o gruppi politici costituiti in gruppo parlamentare in almeno una delle due Camere alla data del 1. Gennaio 2014 (art. 2, comma 36, l. n. 52/2015).

La recente legge n. 84/2022, di conversione del d.l. n. 41/2022, in fine, ha introdotto una nuova integrazione all’art. 18-bis, comma 2, primo periodo, del T.U. citato (DPR n. 361/57) prevedendo l’esonero dall’obbligo di sottoscrizione, per le prime elezioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica successive alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, anche per i partiti o gruppi politici costituiti in gruppo parlamentare in almeno una delle due Camere al 31 dicembre 2021 o per quelli che abbiano presentato candidature con proprio contrassegno alle ultime elezioni della Camera dei deputati o alle ultime elezioni dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia in almeno due terzi delle circoscrizioni e abbiano ottenuto almeno un seggio assegnato in ragione proporzionale o abbiano concorso alla determinazione della cifra elettorale nazionale di coalizione avendo conseguito, sul piano nazionale, un numero di voti validi superiore all’1 per cento del totale (art. 6-bis, l. n. 84/2022).

Sembra ormai essere diventata una di “condotta di stile” quella di ampliare normativamente l’esenzione dall’ onere di sottoscrizione per forze politiche corrispondenti a gruppi parlamentari presenti nel corso della Legislatura terminata, a prescindere dalla stessa consistenza numerica del singolo gruppo, evitando alla forza politica che ne beneficia il peso effettivo della raccolta di firme. Nondimeno, è altrettanto innegabile che su tali prescrizioni di favore si addensino dubbi di costituzionalità, soprattutto in ragione della diversità di trattamento rispetto a forze politiche la cui strutturale consistenza è rivelata, ad es., dalla presenza di loro rappresentanti nei Consigli regionali e di altri enti minori.

Nella specie, la ratio della previsione derogatoria rispetto all’onere della sottoscrizione può farsi consistere in una presunzione di notorietà della consistenza rappresentativa della forza politica rivelata dalla sua costituzione in gruppo parlamentare. Ma, a parte il fatto che, rispetto a tale ratio, può apparire piuttosto sproporzionata la concessione del beneficio anche a partiti e/o gruppi che hanno concorso alla determinazione della cifra elettorale nazionale della coalizione di cui hanno fatto parte per avere, sul piano nazionale, conseguito un numero di voti validi superiore all’1 per cento del totale, appare evidente come tale previsione discrimina tra gruppi politici in ragione della libera scelta di aderire o meno ad una coalizione. In altre parole, la regola di esenzione in parola finisce per “punire” le forze che hanno corso da sole nelle precedenti elezioni politiche esercitando, inoltre, verso queste ultime e in generale i gruppi minori, una coazione indiretta, impattando ancora una volta contro il vincolo imposto alla discrezionalità del legislatore dall’art. 3 Cost.

Peraltro, anche tenendosi conto dell’ “obiettivo di rilievo costituzionale” di voler favorire la “stabilità del governo del Paese” (Corte cost., sent. n. 1/2014), limitare la presunzione di rappresentatività unicamente alle forze già presenti nell’ambito delle camere parlamentari può non apparire ragionevole. Per un verso, si profila un’insuperabile tensione rispetto ai principi costituzionali per cui “le assemblee parlamentari sono sedi esclusive della «rappresentanza nazionale» (art. 67 Cost.), si fondano sull’espressione del voto e quindi della sovranità popolare” (sent. n. 1/14). Tanto, implica tra l’altro l’ “esigenza costituzionale di non comprimere eccessivamente il carattere rappresentativo dell’assemblea elettiva e l’eguaglianza del voto” (Corte cost., sent. n. 35/17), così che il limitato raggio di applicazione della norma di esonero finisce per entrare in rotta di collisione diretta con il principio della democrazia rappresentativa e la consistenza pluralistica delle Assemblee parlamentari. Tanto più che allo scopo costituzionale di una stabilità di governo devono corrispondere soluzioni non mirate ad una semplificazione della rappresentanza parlamentare quanto, soprattutto, a consolidare la stabilità di una maggioranza (premio di maggioranza, premio di governabilità).

In definitiva, la previsione dell’art. 18-bis come integrato dall’art. 6-bis della l. n. 84/22 non sembra superare il vaglio di costituzionalità in relazione ai paradigmi di adeguatezza/necessarietà rispetto al fine perseguito, come di essenzialità per la realizzazione di tale fine, integranti l’apprezzamento della disciplina in relazione al principio di eguaglianza.

Prof. Vincenzo Baldini
Ordinario di diritto costituzionale
Dipartimento di Economia e Giurisprudenza
Università degli studi di Cassino e del Lazio Meridionale
Direttore Laboratorio dipartimentale “Diritti fondamentali”
Direttore scientifico e responsabile della Rivista telematica “Diritti fondamentali”