Tra draghi e agnelli. Italia: un paese qualunque

draghi e agnelli

di Giuseppe Romeo – Oggi metto da parte il mio essere un calabrese per caso. Mi propongo come un italiano per caso. Si potrebbe dire, quindi, in maniera non molto impegnativa che siamo al Governo va, governo viene. Si potrebbe proporre, questa, come una nuova massima tutta alla solita italiana maniera. Forse un po’ qualunquistica, ma trovatemi un popolo che non lo sia come quello italiano.

Prezzolini lo aveva capito e forse fu anche un po’ impietoso nella sua L’Italia finisce del 1939. Tuttavia, vediamo i lasciti degli ultimi “migliori”. Due anni di restrizioni assolutamente non scientificamente dimostrate nella loro efficacia. Un ordine dei medici che si divide in situazioni di emergenza rinunciando a raccogliere le forze invece di unire, condividere ogni cura possibile senza creare barriere o nuove religioni fondate su una terapia piuttosto che su un’altra. Una narrativa mediatica nella quale mancavano solo gli alieni de La Guerra dei mondi e avremmo configurato il migliore scenario apocalittico possibile rispetto ad una Armageddon nucleare che oggi ci turba i dolci sogni di pacifici e remissivi cittadini.

Ereditiamo, fatto salvo l’ancora possibile “bis”, i carburanti ormai oltre la soglia dei due euro/litro a livelli salariali fermi: non chiedetemi come si crea l’inflazione. Osserviamo una totale assenza di equilibrio, un aumento della conflittualità sociale ammortizzata dalle concessioni di chi non dovrebbe concedere ma solo garantire. Sperimentiamo un’emergenza se non una guerra quotidiana combattuta tra l’aumento speculativo dei carburanti, dei prezzi dei prodotti alimentari e viviamo appesi alle omelie dei nuovi sacerdoti delle nostre vite e di quelle dei nostri figli al servizio del mercato chiamati influencer. Sacerdoti che trasformano l’effimero in sacro e l’impegno e il dovere in profano.

Ereditiamo un conflitto diffuso, senza quartiere dove ognuno di noi crede di vedere un film senza rendersi conto, salvo quando paga il conto al supermercato o fa le code in un pronto soccorso, che di quel film è il principale protagonista. Ci troviamo, poi, banchi a rotelle a parte ormai in disuso e pronti per il fuori-uso tecnico, di fronte ad un processo di destrutturazione della scuola, della più importante realtà associativa e socializzativa presa di mira già con una comoda formazione da remoto, i cui danni li vedremo nella disfunzionalità che deriva dalle limitazioni subite nelle relazioni interpersonali e comunitarie.

Ereditiamo – tra vax e non vax, green e non green, putiniani e antiputiniani, con o senza, pro o anti – un dissenso censurato a priori o magari favorito in alcuni casi, quale utile e strumentale opposizione, in un clima tipico da l’Uomo a una dimensione di Herbert Marcuse dove la tolleranza repressiva diventa regola se non misera e disarmante abitudine.

Insomma, in questa dimensione da piccolo e provinciale bovarismo all’italiana, ereditiamo ciò che non vorremmo o, forse, ereditiamo ciò che abbiamo permesso e, quindi, meritato.

Giuseppe Romeo, analista politico, giornalista e saggista