Cartabia e quei silenzi sui colloqui segreti con detenuti del carcere duro. La ministra della Giustizia Marta Cartabia e il capo del Dap Carlo Renoldi dovranno rendere conto del loro silenzio su presunti incontri segreti tra l’associazione “Nessuno tocchi Caino” e detenuti rinchiusi nel carcere duro 41bis. Il direttore dell’amministrazione penitenziaria – si legge sul Fatto Quotidiano – avrebbe dato il via libera per le visite del 7 e 10 maggio a Sassari e a Nuoro. Ma sia la ministra sia il direttore del Dap sono stati chiamati a dare spiegazioni dai gruppi del M5S in commissione Antimafia e in commissione Giustizia della Camera.
Giulia Sarti, ha chiesto l’audizione di Renoldi in commissione Giustizia, la ministra Cartabia, invece, viene chiamata a riferire alla Camera, anche su richiesta dei deputati di Fdi. Nell’interrogazione dei deputati M5s si parla di “un unicum” nella storia, dall’istituzione del 41 bis”. Gli interroganti – prosegue il Fatto – chiedono quali iniziative ritenga opportuno adottare per evitare che si ripetano analoghi episodi”.
Colloqui segreti dei detenuti al 41 bis
I deputati di Fdi vogliono sapere “a che titolo e per quali motivazioni è stato consentito a un’associazione privata di incontrare i 41 bis“. A difesa di Renoldi e della ministra Cartabia è intervenuto Sergio D’Elia, segretario di “Nessuno tocchi Caino” e nella delegazione in Sardegna: parla di “attacco subdolo a chi sta compiendo un’opera sovraumana di mantenere le carceri italiane nel rispetto dei principi costituzionali”. affaritaliani.it
Un articolo dal sito www.antimafiaduemila.com riporta
La dignità dei mafiosi, Marta Cartabia in merito all’ergastolo ostativo
“Marta Cartabia, che ha appena giurato come nuovo Ministro della Giustizia del Governo Draghi, era vicepresidente di quella Corte Costituzionale che ha prodotto questa pronuncia (ne sarebbe diventata Presidente meno di due mesi dopo). Essa è stata da lei così strenuamente difesa: “La dignità va intesa come incomprimibile possibilità di recupero, di riscatto, qualunque cosa sia accaduta prima, qualunque fatto sia stato commesso: qui è la dignità della persona […] quello che si tende a evitare è avere forme di esecuzione della pena improntate a rigidità, a fissità che non tengono conto di come il tempo della pena sia diverso per ciascun individuo”.