Csel: servono più risorse per il voto elettronico

Elezioni amministrative

(Adnkronos/Labitalia) – A gettare le basi per il percorso di digitalizzazione delle liste elettorali è stata la Legge di bilancio 2020 che ha istituito il fondo per il voto elettronico per l’introduzione, in via sperimentale, del voto in via digitale nelle elezioni europee, politiche e per i referendum. La sperimentazione cui fa riferimento la norma è circoscritta al voto degli italiani all’estero e agli elettori temporaneamente fuori dal Comune di residenza per motivi di lavoro, studio o cure mediche. Per immaginare di allargare in futuro questa possibilità all’intero corpo elettorale italiano, le risorse dovranno essere ben più ingenti di quelle stanziate da quella norma (un milione di euro).

A sostenerlo è il Centro studi enti locali (Csel) in un dossier realizzato per l’Adnkronos. Basti pensare che alla sola Lombardia è costato circa 23 milioni di euro il primissimo esperimento di voto elettronico tenutosi nel Paese. L’occasione fu il referendum regionale sul cosiddetto regionalismo differenziato svoltosi in Veneto e Lombardia il 22 ottobre 2017. Per gli 8 milioni di elettori lombardi furono predisposte nelle cabine, al posto delle tradizionali schede cartacee, le cosiddette ‘voting machine’, dispositivi simili ai tablet con uno schermo touch screen sul quale si leggeva il testo integrale del quesito referendario e le tre opzioni possibili: sì, no, scheda bianca.

Non si trattò, dunque, di voto a distanza, ma di voto elettronico con successivo scrutinio digitale.

La cifra spesa dalla Regione in quell’occasione copriva, oltre a questi dispositivi, il costo di software, sistemi di sicurezza, servizi di assistenza tecnica e formazione del personale. Recentemente c’è stato un secondo esperimento, in occasione dell’elezione dei Comitati degli italiani all’estero, tenutasi lo scorso 3 dicembre.

Migliaia di elettori, residenti in nove sedi diplomatico-consolari, iscritti nell’elenco degli elettori per le elezioni dei Comites hanno avuto la possibilità di esprimere il loro voto anche in modalità digitale. Fino al 3 dicembre, si sono potuti collegare al Portale IOvoto per votare con lo Spid di II livello. Gli elettori hanno votato anche in modalità cartacea, in quanto solo quel voto era valido ai fini dello scrutinio. Su 8265 utenti maggiorenni, residenti nelle sedi coinvolte nella sperimentazione, registrati su Fast It e dotati di Spid, hanno optato 1236 potenziali elettori, ovvero il 15%.

“Sugli stessi utenti totali – riferisce Csel riportando un documento diffuso sul sito della Camera – i 672 votanti digitali rappresentano l’8,1%. Il rapporto optanti digitali (1.236) / potenziali elettori digitali (8.265), pari a 15%, e il rapporto votanti digitali (672) / potenziali elettori digitali (8.265), pari all’8,1%, risulta quindi più elevato se comparato con il rapporto optanti/elettori, pari a 3,9%, e votanti/elettori, pari a 2,9%, riscontrato nel voto cartaceo”. “Si conferma pertanto una maggiore propensione a votare digitalmente, rispetto proprio al voto cartaceo, per gli elettori registrati su Fast It e in possesso di Spid”, conclude.