Sul web lista di bar, ristoranti e negozi dove non chiedono il Green Pass

negozi dove non chiedono il Green Pass

Il Green Pass (è un giallo per ora la sua possibile abolizione per step nei prossimi mesi) è ormai necessario per fare quasi tutto: bar, ristoranti, negozi, tranne quelli considerati essenziali. Sul web e sui social network spuntano gruppi e liste con tutti gli esercizi per entrare nei quali i titolari non chiedono alcuna certificazione, nonostante la legge glielo imporrebbe. E lo fanno convinti che il pass sia una misura sbagliata, con varie sfumature. Da chi straparla di “dittatura sanitaria” a chi semplicemente se ne disinteressa e lo dice apertamente.

La lista di attività che non chiedono il Green Pass

Gli indirizzi del web che segnalano tutti i locali “free Pass” sono i siti Umap e Animap, e le mappe sono condivise su gruppi Telegram dai nomi tipo “Esercenti no Green Pass”. A ricevere gli aggiornamenti sono decine di migliaia di persone.

Il gruppo è nato ad agosto dello scorso anno in concomitanza con l’introduzione del Green Pass, racconta oggi Repubblica. Si definiscono “professionisti non discriminatori”. Su uno dei due siti suddetti ci sono solo ristoranti, bistrot, bar, enoteche e birrerie, più che altro al Nord e in città grandi de Centro Italia. Sul secondo sito ci sono 2218 imprenditori che protestano, con diversi gradi di aderenza alla realtà.

In pratica si tratta di due mappe interattive con, complessivamente, alcune migliaia di locali commerciali: per fare comparire la propria attività basta scrivere direttamente agli amministratori del gruppo Telegram o al team dei siti. Unica clausola esplicitata: registrandosi si “rinuncia espressamente alla presentazione dei documenti sanitari”. Nel secondo sito c’è un po’ di tutto: negozi per animali, laboratori di arte, associazioni sportive, studi di avvocati, negozi di artigianato, di computer e di telefonìa, bar, ristoranti, teatri, hotel, estetisti, parrucchieri, medici, osteopati, tatuatori.

Qualcuno degli esercenti avrebbe detto di esserci finito per sbaglio su quelle mappe “free pass”, qualcun altro sostiene che sia stato qualche vicino invidioso o qualcuno della concorrenza a inserire il nome del suo locale per screditarlo, e c’è anche chi, la stragrande maggioranza, che rivendica orgogliosamente la propria scelta.  https://www.today.it