E’ rimasto fuori dall’ospedale al freddo, da solo e con un cartello in mano mentre sua moglie partoriva. E’ la storia, quasi incredibile, di Christian Iori, che ha deciso di raccontare quanto gli è accaduto. L’ultimo capitolo di questa storia è avvenuto la notte di giovedì 27 gennaio.
«Il medico – racconta – ha redatto un certificato di differimento dalla vaccinazione anti Covid fino a metà febbraio in attesa di accertamenti necessari data la mia patologia. Voglio premettere che non sono un ‘no vax’: ho sempre effettuato i vaccini a cuor leggero, fino a quando la salute me lo ha permesso…».
Christian, insieme alla moglie, era sicuro che l’ospedale tifernate concedesse il permesso «visto che le tabelle del ministero davano l’opportunità di entrare a chi avesse il green pass rafforzato o chi avesse un tampone negativo» e dato anche che il Ministero della Salute equipara il differimento all’esenzione. Invece no. A questo punto il giovane di rivolge a un legale, l’avvocato Chiara Attala di Città di Castello.
«Il 24 gennaio consegno la documentazione attestante la mia posizione e chiedo di essere presente al parto– racconta Christian– ma dal reparto arriva secca la risposta telefonica ‘No, non puoi entrare perché non sei vaccinato’. Faccio presente che ho un certificato, i riferimenti legislativi che anche il legale che mi assiste mi ha indicato e chiedo una risposta scritta. Il 26 mattina però, arriva una mail dalla Asl in cui viene scritto che hanno posto il mio quesito alla struttura regionale di riferimento e ne ha chiesto il parere. A voler dire che l’ospedale non aveva previsto l’ipotesi di chi non può vaccinarsi, limitandosi solo ad impedire l’accesso a chi abbia scelto di non vaccinarsi. Nel pomeriggio non ho risposta nonostante l’urgenza che richiedeva il caso, così sollecito di nuovo il legale, che il 27 mattina invia una diffida, ma nessuno si fa vivo, ancora. Alle 18 la corsa in ospedale, mia moglie che non vuole andare senza di me. Le prometto che ci sarei stato comunque sarebbe andata e che doveva rimanere tranquilla. Alle 20,45 nasce Alisia: mia moglie ha partorito da sola…non so se è chiaro il concetto… Sola».
Così Christian, mantiene quella promessa e decide di protestare: resta da solo al freddo («per la patologia di cui soffro non potrei stressarmi neanche lontanamente…invece..») e con un cartello in mano: «Alisia benvenuta, che non si dica mai che tuo padre non c’era.Questo è il primo insegnamento che ti dono. Non arrenderti mai nemmeno ai ricatti. Papà aspetta te e mamma a casa.». Dopo qualche ora se ne va, con il groppo in gola e tanta amarezza.
Ma dopo alcune ore arriva la svolta. Si perchè il 28 appunto, riceve una chiamata dall’ufficio del Segretario all’Emergenza Covid Massimo D’Angelo ”Signore, stiamo procedendo all’autorizzazione per farla accedere nel reparto di Ostetricia e Ginecologia di Città di Castello” . Christian e il suo legale Chiara Attala, aggiungono particolari per chiarezza e correttezza d’informazione
”Si rimane un po’ così, con l’amaro in bocca per un episodio a cui non si può porre rimedio – si legge nel comunicato condiviso da Christian e il suo legale – Una brutta pagina di storia della Sanità Umbra. Chissà ora se quella certezza di chi ha disposto il divieto di accesso, ora, troverà pace nella decisione della Regione che comunque non mi ridarà il parto di mia moglie né la nascita di mia figlia”.
”E già perché l’autorizzazione è arrivata 14 ore dopo il parto. Francamente, proprio per questo motivo abbiamo ritenuto di non raccogliere l’invito della Regione e del Primario del Reparto, onde evitare situazioni ‘ambigue e scomode’ che potrebbero minare la tranquillità delle neo mamme, compresa la moglie, ma anche per non aggravare la condizione del mio assistito – prosegue il legale – dal momento che questo brutto episodio e questa decisione del tutto arbitraria ha cagionato ripercussioni sul suo stato psico fisico. Ovvio che la professionalità degli operatori sanitari nell’espletamento delle loro funzioni in sala parto e nella cura delle partorienti non possa essere messa in discussione, motivo per cui Christian e sua moglie hanno scelto questo ospedale che comunque ringraziano per aver dato alla luce la loro bambina. Tuttavia, questa ‘approvazione’ postuma da parte della Regione lascia un profondo rammarico, perché conferma come Christian avesse tutte le carte in regola per accedere nel reparto. Il dispiacere in un uomo che, mentre cercava di spiegare le sue motivazioni largamente anticipate, si vedeva respinto e non ascoltato”.
”Io, mia moglie e mia figlia – si legge ancora – siamo stati dati in sacrificio in nome di una burocrazia lenta e intransigente, che cagiona scelte improprie e confuse come la sua organizzazione. E ci si dimentica dell’uomo dietro il cittadino, dei diritti dietro i doveri. Di certo, non lasceremo che questa situazione rimanga sospesa tra i se e i ma e cercheremo di dare seguito ad un procedimento legale già avviato, per far luce sulla situazione che ha condotto a quel divieto. Vedersi riconosciuti quei diritti non apporrà rimedio, ma di certo risposte nelle opportune sedi e cercare di sottolineare che quei diritti sono e dovevano rimanere inviolabili e indivisibili”. www.perugiatoday.it