di Aldo Grandi – Il generale Figliuolo dice che siamo in guerra. Qualcun altro gli va dietro. Evidentemente nessuno di loro, in guerra, deve esserci stato, quando non sai se, da un momento all’altro, una pallottola ti può centrare in mezzo alla fronte e spedirti nel mondo dei più, quando una bomba può esplodere all’improvviso e farti a pezzi. Già, ma per loro il Covid è una campagna vera e propria e ci sta che, alla fine, abbiamo anche il coraggio di appendersi qualche mostrina sul petto.
Noi, che al Covid non abbiamo mai guardato come un nemico, al massimo come un ospite indesiderato, alla fine e dopo le innumerevoli volte in cui ce lo hanno augurato per via delle nostre conosciute posizioni sul Green Pass e sulle origini di questa pandemia, siamo stati contagiati. Il verdetto del tampone rapido praticato presso la farmacia non ha ammesso repliche: positivo. A dire la verità l’unico sintomo che abbiamo avuto è stata un po’ di tosse.
Che fare? Se lo domandò anche Vladimir Ulianov a inizi secolo scorso, quando si inventò la strategia del partito unico rivoluzionario e, visto come andarono le cose, aveva anche ragione. Noi, a dire la verità e con molta maggiore modestia abbiamo subito pensato che con il Covid non ci scherza così come non si gioca con nessuna malattia.
Per due anni abbiamo vissuto come se il virus non esistesse, non abbiamo avuto problemi di natura fisica, ma, in particolare, psicologica poiché il lockdown non ci ha impedito di fare la nostra vita e abbiamo cercato di non farci mancare le emozioni uniche in grado di evitare il tracollo psicologico che, al contrario, ha colpito, distrutto, spinto al suicidio, spedito in depressione, costretto ad ansia e angoscia, milioni di persone.
Ecco, al di là della devastazione economica, della miseria, della socialità annientata, del futuro e del presente rubati soprattutto ai più giovani, se c’è un motivo per cui questa classe digerente da strapazzo dovrebbe essere sottoposta ad un nuovo processo di Norimberga per crimini contro l’umanità è l’annientamento psicologico prodotto negli individui, l’aver acuito il loro senso di isolamento, solitudine, paura, sfiducia, insicurezza. Tutte conseguenze di una gestione scellerata della comunicazione e della politica oltreché della malattia.
Una volta contagiati non ci siamo sentiti diversi dall’attimo prima di conoscere l’esito del tampone. Nonostante quotidiani e Tv locali e non facciano a gara a intimorirci e a trasmetterci la sensazione dell’irreparabilità, ci siamo guardati allo specchio per qualche istante scoprendo che, in fondo, eravamo sempre gli stessi, magari con qualche ruga in più dell’ultima volta in cui ci eravamo soffermati ad osservarci, ma sempre noi, sempre le stesse sembianze che ci avevano accompagnato nei primi 60 anni di età.
Così abbiamo pensato, per un attimo, a chi rivolgerci per farsi curare da subito e senza aspettare, inutili eroismi di accatto, il passare del tempo. Alle 19 sapevamo di essere positivi, alle 19.30 avevamo già ingurgitato la prima capsula di echinacea prescrittaci dal nostro amico medico sospeso dopo che, per oltre un anno, aveva mangiato merda affrontando in prima linea la pandemia nella fase più acuta. Privato da questo Stato assassino non soltanto degli emolumenti per vivere e mantenere la propria famiglia, ma della dignità umana e professionale maturate in anni e anni di studio e lavoro.
E dov’era l’ordine dei medici? Desaparecido. Una vergogna, uno schifo.
Siamo stati il 292° paziente che aveva preferito rivolgersi alle cure di un medico messo all’indice dalla Laica Inquisizione e come tale ci siamo comportati, rispettando pedissequamente posologia e orari di assunzione dei farmaci, rispondendo con cortesia alla Asl, senza intasare il pronto soccorso o i vari reparti – ché, poi, magari, gli altri, i pazienti normali, ce lo avrebbero rinfacciato fino alla morte – senza chiedere l’intervento di chicchessia tantomeno del medico di famiglia, cortese e disponibile, ma grazie no, facciamo per conto nostro e confidiamo in noi piuttosto che in dio visto che, a quanto pare e secondo l’omino bianco d’Oltretevere, anche lui deve aver abbandonato chi non si è piegato alle direttive del mainstream politico-sanitario.
Tosse sì, ma rara e niente di che. Niente febbre. Saturazione 99 al primo colpo e poi via via fino a 96, ma mai meno. Temperatura costantemente sotto i 36°. Primi tre giorni con qualche indolenzimento articolare e muscolare, poi nemmeno quello. Isolati in casa? Certo, ma con qualche amico, i soliti, che portavano medicinali e spesa sotto la finestra. Grazie a tutti, un forte abbraccio. Se avessimo voluto, ne avremmo potuti chiamare molti altri, abbiamo scoperto che, in fondo, in molti ci vogliono bene così come, inevitabile, altrettanti ci vogliono male. Ma così va il mondo e non si può piacere a tutti.
Giornata tipo: sveglia e vai con echinacea, quindi Moment a colazione, pranzo e cena. Alle 10 Flaminase antiinfiammatorio ripetuto alle 17. Dopo alcuni giorni via col Medrol, un quarto due volte al dì, mezza la terza volta. Dopo una settimana circa, ci sentiamo nuovamente in ottima forma e stanchi di starcene chiusi in casa. Così decidiamo di aprire tutte le finestre per far entrare aria fresca. La giornata è lunga da trascorrere, ma noi lavoriamo in smart-working da dieci anni quando ancora i pipistrelli, al massimo, appartenevano ai fumetti della nostra adolescenza, altro che andar loro a rompere i coglioni come hanno fatto a Wuhan e solo per scoprire, dicono, come combattere un virus che hanno creato apposta. Della serie prendiamoci a martellate i testicoli e poi lamentiamoci che provocano dolore.
Omicron. Questo il nome del virus che ci ha infettato e che rispettiamo, ma non temiamo. Avere paura oltre il normale limite giustificato dalla malattia non serve se non a autodistruggersi. Pare che provochi meno decessi delle altre varianti, in realtà e almeno stando ai dati, i morti ci sono sempre chissà come li calcolano visto che siamo il quarto paese al mondo per numero di cadaveri provocati quando, per estensione e popolazione, dovremmo averne molti, ma molti di meno.
Ci mettiamo a dieta e approfittiamo di questa sosta forzata per leggere, studiare, scrivere, riflettere e ricaricarci in vista della ripartenza. Avremo il Super Green Pass, l’infame tessera verde così potremo andare ovunque, anche a comprarci, dal 1 febbraio, un paio di mutande o una pentola per cucinare ché, senza, non avremmo potuto acquistare. Ma cosa siamo diventati e come ci hanno ridotti? Ma, in particolare, come facciamo a tollerare tutto senza scendere in piazza e rovesciare il sistema che ci opprime? La libertà ricevuta senza conquista né sofferenze ci ha obnubilato il cervello, diamo tutto per scontato senza capire che di scontato, a questo mondo e a parte le promozioni nei supermercati, non c’è niente.
Cosa faremo quando torneremo ad essere negativi? In realtà, negativi non lo siamo mai stati, positivi sì, però. Nel senso che anche nel pieno di questa strage psicologica di sentimenti, consuetudini, emozioni, non abbiamo mai dimenticato di essere, soprattutto, esseri umani, diversi e distanti dalle bestie se non altro perché capaci di intendere e di volere. Questi due anni hanno provocato fratture insanabili nelle persone e nella società. Non tutti e non tutto torneranno come prima e per i molti che, purtroppo, non torneranno più, ce ne saranno altrettanti che, se anche lo faranno, non saranno più gli stessi e sarà come se anche loro, in parte, fossero morti.
Noi no. Noi ci siamo presi il Covid e non ci lamentiamo. Ci curiamo e non ci scherziamo, il Covid non è un gioco. Ma continuiamo a credere che le nostre vite non possano e non debbano essere compromesse al punto da non riconoscerle più. Ci confineranno, un giorno, chissà dove, magari in nuovi campi di contenimento e ci sottoporranno a chissà quali privazioni ancora peggiori di quelle attuali. Ma noi saremo ancora noi. E non ci presteremo a diventare degli spettri, fantasmi irriconoscibili di un tempo che non è più tempo.
… Sono passati parecchi giorni e, dopo il terzo tampone molecolare, apprendiamo via posta elettronica di essere, finalmente, negativi. Non esultiamo né brindiamo né facciamo festa. Nella testa, in fondo, negativi al Covid lo siamo sempre stati, positivi alla vita pure ed è questo quello che conta.