di Aldo Grandi – Questa è una storia semplice di una donna semplice. Lei si chiama Dory – sì, proprio con la ypsilon – Chimenti, è nata a Livorno e abita a Lucca. La sua data di nascita è di quelle che fanno impallidire, avendo visto la luce il 20 aprile 1925, peraltro e suo malgrado, lo stesso giorno in cui, molti anni prima, era nato un certo Adolf Hitler, ma quando lei aprì gli occhi per la prima volta, terza di cinque fratelli abitanti tutti in piazza Magenta nel capoluogo labronico, quello che di lì a poco sarebbe diventato il sanguinario cancelliere del Terzo Reich aveva appena ottenuto uno sconto di pena ed era uscito dal carcere a seguito del fallito putsch di Monaco del 1923.
Da allora molti anni sono passati, addirittura, si è anche scollinato un secolo e adesso, quando, ormai, siamo ad un passo dal compimento del 97° anno di età e a meno tre dal centenario, dopo aver vissuto il fascismo, la guerra, essere scampata ai tedeschi sfollata nelle campagne di Casale Marittimo, ecco comparire all’orizzonte una malattia denominata Covid 19. Un virus subdolo, sprigionatosi, dicono, dalle ali di un pipistrello e da qualche amante della carne esotica acquistata nel mercato di una città chiamata Wuhan. Lei, a dire la verità, non si è mai posta il problema da dove provenisse il contagio, ma è indubbio che agli asini che volano non ha mai creduto.
Da quando è iniziata la pandemia ha scelto, consapevolmente, di non vaccinarsi e la ragione di questo rifiuto è stata, paradossalmente, ancora più semplice di questa storia: non me la sento, e poi, di qualcosa si deve pur morire e io, a questa età, non credo di pover campare ancora per molto. Due anni, quindi, senza iniettarsi alcunché, nonostante i proclami e le minacce provenienti dai virologi da strapazzo e dai politicanti svenduti a un tanto al chilo che sono riusciti a porre in essere la peggiore delle discriminazioni tra esseri umani dai tempi delle leggi razziali del 1938 decise da Mussolini per imitare, da servo sciocco quale era, il cancelliere di cui sopra.
Siamo passati da una variante all’altra, da un lockdown all’altro, da un ricatto ad una promessa, da una chiusura ad un’apertura trattando uomini, donne e financo bambini come se fossero degli interruttori della luce: accendi e spegni, spegni e riaccendi. Sono stati capaci, a dispetto delle parole di colui che ama definirsi Papa e che, invece, è soltanto una sua brutta copia, di distruggere ogni tipo di solidarietà, di insinuare il sospetto, la diffidenza, la cattiveria, l’egoismo, il rancore, la rabbia, ma, in particolare e sono stati davvero bravi, la paura. E con questa paura hanno dilaniato famiglie, sentimenti, rapporti umani consolidati, arrivando a distruggere e a compromettere uno dei pilastri che ancora reggeva l’equilibro dell’essere umano in quanto tale.
E alla fine, per concludere, hanno fatto quello che nessuno, nemmeno l’Adolfo del 20 aprile o il Benito che gli andava a ruota, si sarebbe mai sognato di fare in tempi di democrazia: hanno impedito alla gente di lavorare privandoli dell’unica libertà insopprimibile a qualunque latitudine, quella di potersi procacciare di che vivere per sé e per i propri cari.
Lei, Dory Chimenti, che durante le sue 97 primavere ha cambiato non si sa bene quante volte casa e città, moglie ultima e, dal 1992 anche madre vedova, qualche settimana fa ha ricevuto una notizia che, a dirla tutta, non l’ha nemmeno scossa per un po’: positiva al Covid anzi, non riuscendo a comprendere bene quella parola che di italiano non ha alcunché, positiva al ‘codice’, un lapsus che la dice lunga su molte cose.
Thank God it’s… Covid
Ecco, qui comincia una storia che può essere se non di insegnamento, almeno di fiducia e di conforto a chi, in questi ultimi due anni, ha preferito abbeverarsi alla fonte di Tv e quotidiani nazionali invece che a quella del buonsenso.
Positiva al Covid, quindi, a seguito di un tampone molecolare praticato dalla Asl la quale, a dire il vero, è stata impeccabile. Servizio a domicilio e telefonata un giorno sì e l’altro pure per conoscere la situazione. Noi, però, abbiamo preferito giocare d’anticipo e vista anche l’età e la iattura di molti che ci avevano pronosticato morte certa e immediata tra mille sofferenze nei reparti di terapia intensiva di chissà quanti ospedali, abbiamo chiamato un medico nostro caro e vecchio amico residente nella capitale di cui conoscevamo la bravura e l’affidabilità, che per oltre un anno aveva combattuto in prima linea contro la prima e seconda ondata del virus, ma che, poi, non essendo d’accordo sulla somministrazione generalizzata e incontrollata dei vaccini, era stato ed è ancora sospeso senza stipendio.
Chi scrive ha scelto in maniera autonoma, consapevole e senza alcun condizionamento esterno di affidare le cure della propria madre ad una persona alla quale lo Stato, questo Stato, uno Stato nel quale non ci riconosciamo più e nemmeno riconosciamo come padre putativo dei suoi figli, da un giorno all’altro aveva impedito di svolgere la propria mansione, gettandolo nella tazza del cesso come si fa, dopo aver evacuato, con uno strappo di carta igienica.
Come si può uccidere la dignità umana, la professionalità, l’intelligenza, come si può arrivare ad umiliare un individuo senza che nessuno insorga e chieda il massimo della pena per chi compie simili gesta di fronte alle quali persino i gerarchi fascisti e nazisti o anche i padroni dei Gulag sovietici, avrebbero qualcosa da invidiare?
Ebbene noi abbiamo rifiutato di rivolgerci ai medici sdoganati da un ordine professionale che non è stato capace di proteggere migliaia di suoi iscritti né peggiori anzi, semmai migliori, di tutti gli altri.
Ci è stato detto, dal medico in questione, che occorreva seguire attentamente le sue disposizioni, soprattutto tenere fede agli orari di assunzione delle medicine, di comunicargli i dati due volte al giorno, dalla febbre eventuale alla saturazione. In particolare ci è stato spiegato che il Covid non è uno scherzo e che a prenderlo sottogamba o, addirittura, non prenderlo proprio sul serio, il rischio di finire in ospedale sarebbe stato concreto.
Capsula di echinacea, integratore, una al mattino e una alla sera.
Moment, una compressa tre volte al giorno dopo i pasti.
Flaminase, antinfiammatorio, uno alle 10 e uno alle 17.
Zitromax, antibiotico, una capsula al giorno per tre giorni.
Medrol, dopo alcuni giorni un quarto di pasticca mattina pomeriggio e cena.
Il personale medico della Asl, durante i primi colloqui, ha voluto sapere cosa assumesse questa donna priva di patologie e scevra da paure, ma con un’età avanzata e una volta saputolo, ha confermato la bontà della cura. Grazie. Dalla Asl ci è stato chiesto se volevamo affidarci agli anticorpi monoclonali e anche il medico amico ci aveva dato il suo consenso. Ciònonostante ci è stato, poi detto, il giorno seguente, che non erano disponibili e se ne sarebbe riparlato il lunedì successivo, ma anche il lunedì non c’era disponibilità per cui, alla fine, gli abbiamo detto che degli anticorpi monoclonali ce ne saremmo fregati e che la… vecchietta avrebbe provato a farcela anche senza. Non abbiamo approfondito le ragioni di questa impossibilità, ma siamo contenti di aver evitato il trasferimento all’ospedale e una terapia che avrebbe comportato una iniezione endovena particolarmente lunga.
Saturimetro mattina e sera, mai sotto la soglia di 95 e battiti mai sotto gli 80. Mai una sola linea di febbre. Mai un lamento, mai una critica, mai una pretesa.
A letto, alzandosi soltanto per mangiare, figlia di un’epoca in cui anche cibarsi poteva non essere scontato, ha affrontato la malattia come se neanche fosse una malattia. Certo, un po’ di tosse iniziale che si è andata trasformando in tosse catarrale. Il medico ha consigliato Bisolvon sciroppo e noi che negli sciroppi crediamo quanto agli dei, ci siamo dovuti ricredere. In pochi giorni la tosse è volata via.
In tutto questo tempo, circa un mese o poco meno, ci siamo domandati se dovessimo ritenerci responsabili per non aver vaccinato una donna di 97 anni. Ma nemmeno una sola volta, al di là dei comprensibili timori iniziali, ci siamo pentiti della scelta fatta. Noi non siamo no vax come ci dipingono i giornalisti idioti, quelli cresciuti a pane e imbecillità nei tempi del consenso organizzato e che utilizzano le sigle solo per poter avere più spazio grafico per i loro titoli ad effetto. Noi riteniamo, da sempre, che l’organismo umano abbia in sé le potenzialità, salvo circostanze e malattie particolari, per poter superare le difficoltà di salute. Una immunità derivante dalla capacità del fisico di superare l’ostacolo sarà sempre migliore e più efficace ed efficiente di una conseguita con l’ausilio dei vaccini.
Noi e ancor più questa donna di 97 anni, con i vaccini siamo cresciuti e ne abbiamo ricevuti in dosi massicce, ma una tantum innanzitutto e non una ogni quattro mesi. A nostro ignorante avviso il sistema immunitario non può essere sollecitato ogni tre mesi solo per soddisfare le esigenze politiche ed economiche delle multinazionali o degli organismi sovranazionali foraggiati dai nostri soldi. E comunque sia, rispettiamo la libertà di scegliere come vivere, così come farsi curare o, anche, come morire. I progressisti che vorrebbero mandare i no vax alle camere a gas o giù di lì, sono gli stessi che, poi, invocano la legge sull’eutanasia e sulla libertà di scegliere quando e come morire. Peccato che se lo dimentichino troppo spesso.
Adesso che la malattia è alle spalle e che resta da prendere, solamente, una capsula di echinacea al dì, questa vecchia signora ha ripreso a fare le sue passeggiata trascinata se non per e con forza, con vigore, da un figlio che rimane sempre convinto che l’analisi critica valga più di qualunque certezza fuoriuscita dalle bocche di esperti lautamente pagati per le loro esternazioni. Ci avevano assicurato, ed ora lo negano, che con il vaccino tutto sarebbe tornato come prima. Con una semplice dose, poi con due, adesso con tre e, perdonateci l’ardire, presto sarà anche la volta del quattro e, poi, del cinque. Lo avevamo già previsto in tempi non sospetti.
Qualunque medico dotato di un briciolo di ragionevolezza, dovrebbe ammettere che il vaccino antiinfluenzale, spesso paragonato a questo per invogliare alla sua assunzione, veniva consigliato alle persone anziane o fragili, non certo ai bambini o agli adolescenti i quali hanno bisogno, fisicamente e spiritualmente, di affrontare la vita e le sue difficoltà con ben altre armi. Invece, siamo giunti al punto che anche i neonati, fra un po’, verranno catechizzati. Giusto?, sbagliato? Ai posteri l’ardua sentenza. A noi, però, il diritto-dovere di una scelta che non deve essere dettata da complottismo fuori luogo o da ribellioni senza senso, bensì dalla volontà di riaffermare la libertà dell’individuo di fronte alle abnormità della non evidenza.
Ieri, 28 gennaio dell’anno di (dis)grazia 2022, Dory Chimenti ha battuto il suo precedente record di camminata mista – pianura-discesa-salita-pianura – arrivando a 28 minuti consecutivi. Certo, con fatica e fiatone e anche qualche ‘non ce la faccio più’. Ma mai un lamento, una imprecazione, un rifiuto. In una società dove il Covid sembra fatto apposta per eliminare i più vecchi e i più deboli e dove, spesso, si preferisce affittarli a qualcosa piuttosto che conservarli con sé, c’è ancora qualcuno che ama andare controcorrente. www.lagazzettadilucca.it