Nell’attesa di rendere noto il suo giudizio sul primo pacchetto di progetti italiani del Next Generation Eu, da cui dipende l’esborso della nuova tranche di finanziamenti, la Commissione europea ha fatto sapere che l’Italia potrebbe vedersi ridurre i fondi complessivi per il Pnrr. Il motivo? L’economia sta andando meglio del previsto. Una notizia che ha già fatto scattare le polemiche, con il leader della Lega Matteo Salvini a parlare di “provocazione inaccettabile”.
In realtà, gli eventuali tagli di Bruxelles non sarebbero un atto discrezionale, ma derivano dalle regole con cui sono stati calcolati gli stanziamenti ai singoli Paesi, che hanno privilegiato quelli più colpiti dalla crisi economica scaturita dalla prima ondata di Covid-19, in particolare Italia e Spagna. Tali finanziamenti (190 miliardi circa per il nostro Paese, di cui 68 miliardi a fondo perduto) erano stati calcolati sulla base di dati previsionali, e in quanto tali fallaci, specie con l’incertezza causata dalla pandemia. E il regolamento sottoscritto da tutti i 27 prevedeva per l’appunto la possibilità di rivedere gli stanziamenti sulla scorta dell’andamento dell’economia.
Del resto, osserva il portavoce capo Eric Mamer, “è una buona notizia che l’economia di un Paese” come l’Italia “vada bene: non va dimenticato che lo scopo della nostra politica è che l’economia si riprenda”. In effetti, spiega Nuyts, “per l’allocazione finale massima, il regolamento prevede che la dotazione massima attuale per le sovvenzioni è indicativa, dato che il 30% è suscettibile di modifiche, in conformità alle decisioni prese dal Consiglio e all’articolo 11.2 del regolamento”. Questo perché il cosiddetto Recovery fund “è stato adottata in un momento in cui l’incertezza economica era molto elevata”, pertanto “si è stabilito di prendere la decisione sull’allocazione massima finale più a lungo termine”.
Ciò vuol dire che l’allocazione dei trasferimenti “sarà ricalcolata al più tardi il 30 giugno 2022, al fine di determinare il contributo finanziario massimo definitivo per ogni Stato membro”. Il nuovo calcolo, spiega ancora Nuyts, rimpiazzerà i dati previsionali dell’autunno 2020 (quelli della Commissione) “con i risultati reali della variazione del Pil nel 2020 e anche la variazione aggregata del Pil nel periodo 2020-2021”. Uno Stato membro, quando la cifra finale è più bassa di quella iniziale, ha però “diverse opzioni” a disposizione per compensare i tagli.
C’è innanzitutto la possibilità di presentare “un piano rivisto” che preveda il trasferimento di fondi “da altre risorse Ue, come i fondi di coesione”, in base all’articolo 7 del regolamento. Una seconda possibilità è rimediare utilizzando “fondi nazionali”. Una terza possibilità è quella di sottomettere un “piano rivisto”, comprensivo di una “richiesta di prestiti”, cosa che può essere fatta entro il 31 agosto 2023. L’ammontare massimo dei prestiti che si possono chiedere è il 6,8% del Prodotto nazionale lordo dello Stato richiedente. Se questa soglia è già stata raggiunta, però, “non si possono fare altre domande di prestiti”, che sono molto convenienti perché la Commissione si finanzia sui mercati a tassi bassissimi, che ‘gira’ agli Stati senza lucrare interessi aggiuntivi.
In tutti e tre i casi, chiaramente, l’Italia perderebbe comunque una parte dei ben più allettanti sussidi a fondo perduto (che a differenza dei prestiti non andranno rimborsati). “Non è il momento delle provocazioni. In una fase di crisi geopolitica, energetica, logistica e di aumento del costo delle materie prime, anche solo ipotizzare tagli ai fondi europei destinati all’Italia è inaccettabile”, ha tuonato Salvini. Si vedrà come andrà finire. Ma a Bruxelles c’è chi cita un motto coniato dai giuristi romani: “Pacta sunt servanda”. https://europa.today.it