Prosegue il rallentamento dell’economia italiana. A gennaio, il Pil dovrebbe registrare una riduzione del 2% su base mensile. Nel confronto annuo la crescita si dovrebbe attestare al 4,4%, dato in forte calo rispetto ai mesi precedenti. Alla decelerazione dell’economia si associa una decisa recrudescenza dell’inflazione. Per il mese di gennaio l’incremento dei prezzi al consumo sarà dell’1,5% su base mensile e del 4,7% su base annua. La stima, che nella sua dimensione mensile riporta indietro il calendario di quasi quarant’anni, pur riflettendo in larga parte gli eccezionali aumenti autorizzati per la componente energetica regolamentata, risente anche degli incrementi dei prezzi di alcuni beni e servizi di largo consumo che sono da tempo soggetti a pressioni.
A stimarlo è l’Ufficio Studi di Confcommercio nella congiuntura mensile.”I più recenti vincoli alla mobilità e alla socialità sono destinati, comunque, a produrre – ha sottolineato l’Associazione – un ridimensionamento nelle prospettive di crescita, anche per l’impatto negativo in termini aspettative degli operatori. D’altra parte, vacillando ormai il teorema della transitorietà della nuova inflazione, le prospettive economiche troverebbero una forte limitazione anche a causa della riduzione di potere d’acquisto dei redditi e della ricchezza detenuta in forma liquida”.
L’Italia, che fino all’inizio di dicembre aveva vissuto una situazione meno critica, tanto dal punto di vista della pandemia quanto della ripresa del processo inflazionistico, “ha registrato nell’ultimo mese un certo deterioramento delle condizioni che amplifica le preoccupazioni sulle prospettive per il 2022”.Sul versante dei consumi la stima per dicembre, ancora condizionata dal raffronto con un periodo di forti restrizioni, ha confermato il recupero della domanda per i servizi: l’Icc indica, rispetto allo stesso mese del 2020, una variazione del 9,1%, frutto di una crescita del 47,6% per i servizi e dell’1,3% per i beni.
Nella media dell’intero 2021 l’indicatore ha mostrato una crescita dell’8,4%, dato che non ha permesso di recuperare quanto perso nel 2020. Nel confronto con il 2019 la domanda, nella metrica dell’Icc, è ancora inferiore del 7,7%. Per molti servizi la distanza percentuale è superiore alle due cifre, con tempi di recupero che appaiono dilatarsi.Visto il perdurare delle tensioni in alcuni mercati delle materie prime ed i tempi di trasmissione degli impulsi inflazionistici da una fase all’altra lungo le filiere di produzione e distribuzione, tale situazione “è destinata a durare almeno fino alla tarda primavera. Ciò mette sempre più a rischio la ripresa della domanda delle famiglie, soprattutto per quei beni e servizi non obbligati che sono stati i più penalizzati nell’ultimo biennio”. ASKANEWS