di Giuliano Zulin – «Tutti ricordiamo la prima volta che abbiamo tenuto in mano una banconota in euro. Vent’ anni dopo, l’euro è una delle valute più potenti del mondo. L’euro riflette anche i nostri valori, come valuta globale per gli investimenti sostenibili. Ed è un forte simbolo di unità»: questo il tweet di Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Ue, per ricordare il ventennale della moneta unica.
Sempre sui social, David Sassoli, presidente dell’europarlamento, scrive: «L’euro è un simbolo di pace e integrazione, la realizzazione di una visione politica storica, di un continente unito con una moneta unica per un mercato unico. Buon 20esimo compleanno, euro!».
E poteva mancare un ricordo di Romano Prodi, uno dei promotori della divisa continentale? «Riteniamo l’euro soltanto un fatto di rilevanza economica. Guardate però che è un fatto di rilevanza politica perché l’Europa con una moneta unica ha una forza enormemente più grande nel mondo. Quando si preparava l’euro – rivela l’ex premier ulivista su Rai Radio1 – e avevo degli incontri con i presidenti cinesi, quelli non chiedevano altro che dell’euro. Del resto, non gli interessava praticamente niente. Dicevano: “Noi vogliamo l’euro perché se accanto al dollaro c’è l’euro, allora ci sarà posto anche per la nostra moneta“.
Così si capisce il concetto politico di pluralismo della gestione del mondo che stava dietro l’introduzione dell’euro. Non era mica solo il giochino dei banchieri come qualche stupidotto ha definito l’euro», sottolinea il Professore: «Era il grande inizio del cambiamento del mondo. Che poi è avvenuto a metà perché con la grande crisi l’euro ha faticato ad espandersi, ma adesso ha ripreso. E veramente accanto al dollaro comincia ad esserci un euro con un suo ruolo, non ancora paragonabile a quello del dollaro, ma certamente importante».
I numeri in realtà smentiscono Prodi, basti pensare alla sua storica frase: «Con l’euro lavoreremo un giorno di meno guadagnando come se lavorassimo un giorno di più». Intanto va detto che fuori dagli Stati Uniti circolano dollari per un ammontare pari a 13mila miliardi, mentre fuori dai Paesi euro si trovano appena 3,4 mila miliardi di euro. Inoltre, a parte i cinesi, pochi Stati continentali hanno beneficiato della divisa unica. Un paio di anni fa il report del think tank tedesco Cep aveva stabilito vincitori e vinti dell’unione monetaria. Ebbene, da quando c’è l’euro, ogni cittadino tedesco ha guadagnato in media 23mila euro, ogni italiano ne ha persi 74mila. Anche gli olandesi sono diventati più ricchi (+21mila euro pro capite), mentre ci hanno rimesso, oltre a noi, francesi (-55.996), portoghesi (-40.604 euro) e spagnoli (-5.031 euro).
Dall’introduzione della moneta unica – ricordava il prestigioso centro studi di Friburgo – un’erosione della competitività internazionale ha portato «a una minore crescita economica e al calo delle entrate fiscali. Grecia e Italia, in particolare, hanno attraversato gravi difficoltà per il fatto che non sono state in grado di svalutare la propria valuta».
Anche Prodi ha puntato il dito contro Italia e Grecia, in riferimento all’esplosione dei prezzi dopo il primo gennaio 2002. «Solo in questi due Paesi c’è stato questo fenomeno, perché in entrambi non si è voluto sorvegliare. Il mio governo aveva stabilito, Ciampi aveva fatto tutti decreti tecnici, primo: che ci fossero obbligatoriamente per almeno 6 mesi i prezzi sia in lire che in euro. In modo che la gente vedesse com’ era fatto il cambio. Secondo: bisognava stabilire le commissioni provinciali per il controllo. Non è stato fatto. E la gente se n’è approfittata».
Ah… Troppo facile prendersela con il governo Berlusconi, quello che gestì il passaggio da lira a euro. Sono i numeri dei 20 anni successivi ad aver segnato una stagnazione ventennale, causata da due motivi principali: boom dei prezzi immobiliari, legati al basso costo del denaro (grazie all’euro), e mancata crescita dei salari (impostata dalla Germania per esportare di più). Un mix micidiale che ha impoverito l’Italia.