“Berlusconi per una vita si è sfregato le unghie al petto con la storia del self-made-man, ci ha raccontato di quando suonava il pianoforte sulle navi da crociera, prima di venire su dal nulla e costruire un impero. Se invece sei Di Maio, se vieni da Pomigliano d’Arco e se nella vita per mantenerti gli studi, con gran fatica, hai fatto il cameriere o lo steward, per poi a un certo punto riuscire a emergere, allora sei un raccomandato, hai dei santi in paradiso e meriti la vergogna”. Lo scrive il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, nel libro in edicola domani per Piemme, ‘Un amore chiamato politica’.
“Sono figlio di un geometra che per tre volte si è candidato alle comunali senza essere eletto”, scrive Di Maio. “Che raccomandazioni avrei mai potuto avere? Altrettanto deprecabili sono coloro che hanno gioito, riso ed esultato strumentalizzando la vicenda. Anche a sinistra, anche in quella che sarebbe, o dovrebbe essere, la casa, il rifugio degli ultimi e degli umili, hanno sfruttato e usato la ‘cultura del bibitaro'”.
“Nelle parole di Berlusconi, quella domenica di fine novembre – scrive ancora Di Maio nel testo – si percepiva prima di tutto il tipico disprezzo di una generazione inchiodata alla poltrona, che non ha mai fatto niente per insegnare e far crescere le nuove generazioni (Berlusconi ha dato lavoro a 50mila persone, ndr) anzi ha cercato in ogni modo di affossarle, di dimostrare che fossero inadatte a prendere il loro posto. In quelle parole traspare la superbia del predicatore, di chi crede di poter insegnare ai giovani ogni cosa, dicendo loro che devono studiare un tempo indefinito, prendere tre lauree e imparare a parlare cinque lingue, altrimenti non possono capire la realtà in cui vivono, figurarsi governarla. Infine lo spregio che provano tanti quando sanno che nella vita ti sei trovato a svolgere lavori umili, in particolare se sei un meridionale”. adnkronos