Perché l’anno scorso ci contagiavamo meno? Rispondono Pregliasco, Broccolo e Tarro

di Antonio Amorosi – Il confronto tra i numeri delle terapie intensive, ricoverati, ospedalizzati e casi attivi di Covid di un anno fa, 13 settembre 2020, e quelli di quest’anno, sempre riferiti al 13 settembre ma del 2021, ha preso forma in una foto che gira ossessivamente sui social, utilizzando i report della fondazione Gimbe. Guarda l’immagine.

13 settembre 2020: Terapie intensive 187 persone; Ricoverati con sintomi: 2042; Isolamento domiciliare: 36.280; Totale ospedalizzati: 2229; Totale casi attivi: 38.509; Deceduti nelle ultime 24 ore (dato aggiuntivo non contenuto nella foto): 7

13 settembre 2021: Terapie intensive 563 persone; Ricoverati con sintomi: 4200; Isolamento domiciliare: 121.141; Totale ospedalizzati: 4763; Totale casi attivi: 125.904; Deceduti nelle ultime 24 ore.

I numeri sono corretti, li abbiamo verificati. Tutti i trend sembrano in crescita esponenziale. Ma su questi numeri ci sono interpretazioni differenti.

Abbiamo contattato la fondazione Gimbe che ci ha confermato che i dati sono corretti, anche se la slide non è una loro produzione. Per la fondazione non si possono confrontare i dati del settembre 2020 con quelli del settembre 2021 perché i due periodi sono sottoposti a ondate pandemiche diverse, fasi diverse della malattia, varianti diverse e a numeri differenti di persone testate e di tamponi fatti.

Di parere diverso altri esperti come il professor Francesco Broccolo, docente di Microbiologia clinica presso l’Università Milano-Bicocca ma anche di altri esperti.

Perché il dubbio sorge spontaneo, al di là della narrazione governativo-televisiva dell’Italia Paese più protetto, tanto più perché siamo a settembre, le temperature continuano ad essere alte, non sono arrivate le stagioni più fredde che facilitano la circolazione del virus. Leggendoli sorge un dilemma sia sull’efficacia dei vaccini vista la diffusione delle varianti sia sul senso del Green Pass imposto dal governo Draghi agli italiani, unico caso al mondo di limitazione della libertà individuali di lavorare.

Il professor Fabrizio Pregliasco: “L’anno scorso ci sono stati dei lockdown importanti che limitavano i rapporti, ma non potevamo andare avanti così. Ogni contatto interumano ha una probabilità di rischio. Oggi abbiamo un virus più contagioso e che coinvolge di più i giovani. Il rischio è più basso perché abbiamo il vaccino che riduce gli effetti pesanti anche se la variante delta buca un po’ il vaccino”.

Cosa dobbiamo aspettarci per l’autunno-inverno?

Pregliasco: “Dobbiamo immaginare dei possibili colpi di coda. La pandemia va visualizzata come delle onde di sassi nello stagno. Le prime onde le abbiamo viste, ora dobbiamo vedere l’andamento e le onde che si sovrappongono nel mondo. Quest’inverno avremo un possibile colpo di coda perché gli sbalzi termici, stare al chiuso come ogni anno, lavorare di più che nell’ultimo anno e mezzo, le scuole che tornano alla didattica in presenza, massimizzano la concentrazione dei rischi. E’ probabile che ci sia solo un colpettino di coda ma dobbiamo comunque prepararci a uno scenario che potrebbe non essere piacevole, questo per riuscire a governare un processo meno pesante possibile”.

Il professor Francesco Broccolo: “Ho visto la slide, non ho controllato se i dati sono veri ma se fossero veri, cioè che gli ospedalizzati sono di più dell’anno scorso, lo commento in questo modo: l’effetto positivo dei vaccini viene modulato dalla presenza della variante delta. Io ad agosto avevo già fatto questo raffronto che lei mi sta sottoponendo ma mi veniva fatta la critica che non tenevo conto dell’effetto lockdown del maggio 2020. Ma erano già passati tre mesi. Ora siamo a fine settembre. E passato ancora più tempo. Non ci possiamo più aggrappare a questa scusa che l’anno scorso c’era il lockdown e quest’anno non ce l’abbiamo. Non possiamo puntare sull’immunità di gregge che non otterremo più ormai con queste varianti”.

Cosa dobbiamo aspettarci per l’autunno-inverno?

Broccolo: “Un autunno di terapie. Dobbiamo mettere in campo le nuove terapie, come l’ anakinra, il farmaco è stato appena approvato dall’Aifa  (per pzienti ricoverati, ndr) L’anakinra si è rivelato un farmaco molto efficace. Il farmaco deve essere utilizzato in una fase moderata della malattia, nei primi tre giorni. Quando il marcatore suPar (un marcatore prognostico precoce di evoluzione dell’infiammazione, ndr) è particolarmente alto si inizia il trattamento. Si possono salvare tra il 55 e l’80% dei pazienti”.

L’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha reso disponibili in queste ore i medicinali anakinra, baricitinib e sarilumab per il trattamento del COVID-19. La copertura sarà a carico del Servizio Sanitario Nazionale dopo la pubblicazione in Gazzetta ufficiale.

Il farmaco più interessante del gruppo è proprio l’anakinra che cita il professor Broccolo, per efficacia e sicurezza (è un farmaco utilizzato per trattare l’artrite reumatoide e altri gravi patologie infiammatorie): spegne l’eccessiva risposta immunitaria, causa di degenerazione della malattia, e contribuisce in questo modo alla ripresa funzionale dei polmoni. I nuovi casi studiati sembrano dimostrare che l’anakinra, somministrato in dosi di 100 mg una volta al giorno per 10 giorni in aggiunta alla terapia standard, fa fare grandi progressi terapeutici ai pazienti in una fase della malattia per cui non esisteva ancora un’indicazione medica supportata da dati significativi in letteratura.

“Anakinra, baricitinib e sarilumab si aggiungono al tocilizumab nel trattamento di soggetti ospedalizzati con COVID-19 con polmonite ingravescente sottoposti a vari livelli di supporto con ossigenoterapia”, spiega in un comunicato Aifa, “tale decisione, basata sulle evidenze di letteratura recentemente pubblicate, allarga il numero di opzioni terapeutiche e nello stesso tempo consente di evitare che l’eventuale carenza di tocilizumab o di uno di questi tre farmaci possa avere un impatto negativo sulle possibilità di cura”.

giulio tarro rischio di malattie autoimmuni

Il professor Giulio Tarro: “Nel marzo 2020 avevo spiegato che la Sars-Cov-2 aveva già infettato decine di milioni di italiani, nessuno ci credeva, anche perché le cifre ufficiali, pur di giustificare il lockdown, lo davano presente solo nei pochi malati Covid sottoposti a tampone. Il virus è già endemico ed è come se si ‘risvegliasse’ dentro di noi, permettendo così ad eventuali test di intercettarlo. Questo ‘ridestarsi’ quasi mai produce sintomi. È diventato endemico e non si debella col vaccino che qualche, temporanea, protezione dovrebbero garantirla. Anzi. Veda il caso di Fasano. Vengono vaccinati 33 ospiti e 10 componenti dello staff sanitario, nella residenza socio sanitaria il 3 febbraio, ricevendo la seconda dose di vaccino Pfizer. Ma poco dopo risultano tutti positivi. Non è la variante. Potrebbe dipendere dal fatto che l’RNA messaggero, introdotto con il vaccino per il Covid-19, abbia ‘attivato’ il virus latente già presente nell’organismo, oppure quello arrivato in seguito ad una nuova infezione prima della risposta anticorpale. E’ la stessa proteina spike che attiva il virus, almeno per quanto riguarda i vaccini a RNA messaggero”.

Cosa dobbiamo aspettarci per l’autunno-inverno?

Tarro: “Penso che saremo come gli inglesi, loro senza lockdown noi con mascherina e altri limiti ma se investissimo di più sulle cure…”. affaritaliani.it