di Aldo Grandi – Abbiamo appena finito di leggere il resoconto dettagliato, a firma Francesca Vatteroni, della conferenza tenutasi alla manifestazione Con-vivere da parte del professor Vittorio Lingiardi e non ci saremmo dedicati a rispondergli se non fosse che il suo sermone anti-no vax e le sue oscure e nefaste previsioni sul futuro dell’umanità post Covid, ci hanno fatto capire ancora una volta di più che se non si scende in campo contro chi vorrebbe farci cambiare vita, allora è davvero finita.
Noi rispettiamo la psicoanalisi e la psichiatria così come la psicologia sociale. Anzi, sin dalla post adolescenza ne siamo stati imbevuti e l’abbiamo sempre ritenuta una scienza tutt’altro che borghese come hanno sempre pensato i marxisti. Ma abbiamo anche sempre ritenuto lo psicologo e lo psicoanalista come persone dedite al tentativo di liberare i pazienti dalle proprie paure restituendo loro il coraggio di autodeterminarsi e di poter affrontare la vita con rinnovati e ritrovati vigore e fiducia.
Ecco, dalle parole del professore, possiamo sbagliarci, ma, nel caso, lo sfidiamo ad un contraddittorio in pubblica presenza, ci è sembrato che il compito dello psicologo in questa allucinante ed esasperata farsa denominata pandemia sia più quello di adeguare le persone ad un nuovo sistema che far loro riscoprire quel che erano o che, magari, non sono mai state. Il professor Lingiardi scomoda i nostri trascorsi infantili per cercare di motivare il rifiuto al vaccino anti Covid, chiama in causa il nostro non fidarci dell’autorità più o meno costituita a partire da quella genitoriale.
Caro professore, chi scrive conosce e frequenta regolarmente una sua collega di alto spessore che, a Lucca, fa il suo stesso mestiere e non consideri questo ultimo termine in maniera negativa. Ha tenuto, sui nostri giornali, una rubrica dalla quale sono emersi gli spaventosi drammi che questa chiusura ermetica alla vita provocata dal Covid ha inferto e inflitto a molte persone, dalle mamme incapaci di sostenere il peso della famiglia con relativo stress ai giovani isolati e senza più sport e socialità. Ebbene, le posso garantire che nessuna forma di epidemia, salvo una simile alla peste bubbonica capace, cioè, di stroncare vite a pioggia, merita quel che abbiamo subito noi a causa di questo virus che ha colpito e ucciso soltanto a certe condizioni e soltanto dopo una certa età.
Ma non è questo il punto. Il sottoscritto non ha fiducia nella classe politica. Non l’ha mai avuta, non l’avrà mai. E’ un individualista, ma non uno sciocco e ignorante come potrebbe pensare lei che sostiene di fidarsi ciecamente dell’autorità qualunque essa sia, medica o amministrativa o politica. Lei, professore, faccia il suo lavoro e si limiti a comprendere le ragioni del disagio sociale. Non venga a farci lezioni di storia perché se così fosse, con le sue previsioni pessimistiche sul futuro, dovrebbe per prima cosa domandarci perché non abbiamo fiducia nell’autorità costituita.
Lei conosce Ida Magli? Bene, era un’antropologa e una delle menti più lucide che questo paese sfasciato di conformisti e senza attributi abbia mai avuto. Se la vada a leggere e poi ne riparliamo.
Tornando a noi, le faccio una data: 8 settembre 1943. Quel giorno, paradossalmente, è morto ogni tipo di legame tra il popolo italiano e la sua classe digerente, pardon dirigente. Il Governo, il re, la famiglia reale, lo stato maggiore e i vertici militari, dopo la firma dell’armistizio che fu una vergogna per come venne annunciato, fuggirono sulla via Tiburtina per raggiungere l’Adriatico e imbarcarsi tutti, nessuno escluso, alla volta dell’Italia del sud liberata dagli Alleati. E la mattina del 9 settembre gli italiani si risvegliarono soli e abbandonati, orfani proprio di coloro che avrebbero dovuto proteggerli. Per colpa di questa viltà morirono a decine di migliaia su tutti i fronti europei, vittime della vendetta e della rabbia tedesca.
E lei viene a parlarci di mancanza di rispetto verso le autorità? Ma di cosa vaneggia?
Ecco, a parte il fatto, quindi, che le nostre esitazioni sono più che storicamente giustificate, ci sembra che anche nel passato più o meno recente le cose non siano cambiate granché.
Arrivato il Covid, adesso vogliono farci credere che le nostre vite non saranno più le medesime, che il mondo non sarà più come prima, che il mezzo burqa o mascherina che dir si voglia entrerà di diritto nelle nostre esistenze fino a quando i musulmani che già stanno invadendo l’Occidente non lo faranno diventare un burqua vero e proprio.
E tutto perché su 66 milioni di persone che vivono in questo sfasciato stivale poco più di 3 milioni sono state contagiate. Ma lei professore le statistiche le sa leggere? Ma lei i dati che fornisce il ministero della salute sui propri siti web li legge?
Certo, è vero che, negli ultimi tempi, almeno l’80 per cento dei nuovi contagi riguarda non vaccinati, ma questo cosa vuol dire? Che i contagiati sono degli appestati e voi dei monatti incaricati di barricarli in casa?
Chi le scrive non ha paura dei medici e se ha bisogno chiede aiuto. Ma in questo caso ci troviamo di fronte a una malattia sicuramente aggressiva che ha provocato molti morti, soprattutto, in chi aveva già delle complicazioni e lei, questo, lo sa benissimo. In sostanza e come sempre è avvenuto, chi è più debole e magari nemmeno lo sa, è più facilmente vittima del virus e da questo può essere anche ucciso.
Questa, però, è la vita e non troviamo giusto che per debellare un virus che colpisce a mezzo servizio si debba provocare la morte economica, sociale, psicologica di milioni di persone che, al contrario, il virus o non lo hanno preso oppure lo hanno sconfitto.
Non mi vaccinerò
Vi siete vaccinati voi? Bene, avete esercitato un vostro diritto. Possiamo noi rifiutarci di farlo? In fondo è un problema nostro, se ci ammaliamo, voi, vaccinati, dovreste stare al sicuro. Oppure il vaccino non garantisce? E allora se non garantisce cosa lo fate a fare?
Il problema, caro professore, non è la letalità della malattia, ma la carenza di strutture sanitarie oltre ai metodi errati di cura. Oltre alla sproporzione tra il virus con la sua pericolosità e le misure draconiane adottate per distruggere le quotidiane esistenze della gente normale.
Diciamo che, per resistere alla distruzione del Pensiero Unico Dominante, bisogna essere molto, ma molto robusti dentro. Noi, caro professore, per fronteggiare il Covid abbiamo una ricetta tutta speciale che ha trovato concordi anche suoi colleghi attenti ai danni che questo assurdo lockdown emotivo ha provocato. Gliela spieghiamo in due parole:
da oltre un anno e mezzo conduciamo, sostanzialmente, la stessa vita di sempre, senza provocazioni inutili, ma senza nemmeno sottrarci agli abbracci – ne abbiamo bisogno – ai baci – ancora di più – alle strette di mano, a meno che lei non preferisca un più igienico saluto romano a braccio teso.
Stiamo fuori casa il più possibile, ci esponiamo in maniera esponenziale agli agenti atmosferici a cominciare dal sole. Facciamo attività sportiva, 30 minuti al giorno essendo stati colpiti in tarda età da una rara malattia del sistema immunitario, ma ci basta per sentirci vivi. Mangiamo di gusto e beviamo, a volte, pure. Non ci priviamo di niente. In più, dal 15 novembre al 30 giugno, una o due volte a settimana mare agitato permettendo, nuotiamo senza muta 30 minuti nelle acque azzurre e fredde (12°-13°-14°-15°) dei mesi invernali e primaverili.
Fino ad oggi siamo stati, probabilmente, fortunati a non contrarre il virus, ma che vuole farci?
Inoltre, abbiamo anche una mamma che ha raggiunto la veneranda età di 96,5 anni e che, anche lei, non si è vaccinata. Conosciamo casi di persone della sua età o anche meno che, dopo il vaccino, a distanza di un mese sono morte. Colpa del vaccino? Certo che no, ma perché rischiare?
“Aldo, io prima o poi devo morire, che importa come? Il vaccino non lo faccio, preferisco morire quando capiterà. Ho conosciuto i tedeschi durante la guerra, il Covid non può essere peggio di loro“. Queste le parole sue quando le ho domandato se volesse fare il vaccino.
Quindi, caro Lingiardi, la prossima volta dica ai suoi organizzatori di Con-vivere che quando ci si sciacqua la bocca con parole come democrazia e libertà e antifascismo, si dovrebbe invitare alle conferenze anche chi la pensa diversamente senza per questo essere, come noi non siamo, fenomeni da baraccone come vorreste dipingerci. No vax è un termine idiota che viene usato da idioti giornalisti che hanno bisogno di abbreviazioni per i titoli che, altrimenti, occuperebbero troppo spazio.
Ma i giornalisti sono una categoria a cui sempre più spesso ci vergogniamo di appartenere.
Bravo Aldo, non ti conosco ma condivido in pieno le tue osservazioni.
Il comportamento più agghiacciante che questa situazione sta avvallando è proprio l’asservimento psicologico al pensiero unico.
Non c’è più spazio per il contraddittorio, e purtroppo la frattura che si crea, quando qualcuno manifesta un dissenso ragionato e convinto, porta alla rottura di legami profondi, anche familiari.
So di essere in controcorrente rispetto al pensiero dominante e maggiormente condiviso, ma ahimè non credo nella giustificazione della maggioranza. E per questo mi batterò sempre.
L’unione fa la forza, ma la resistenza fa gli eroi
Non voglio essere presuntuosa, ma quantomeno audace!