di Antonio Amorosi – Un nuovo rapporto a cura di Owen Dyer per The British Medical Journal (BMJ), la rivista medica inglese tra le più prestigiose al mondo, inserisce un nuovo tassello nella storia dell’origine del virus Sars-Cov-2. La questione prende spunto proprio dalle parole di Peter Ben Embarek, massimo esperto dell’OMS sulle malattie zoonotiche e capo missione del team di 13 membri mandato dall’Organizzazione mondiale della Sanità a indagare sulle origini del Covid-19.
L’indagine a Wuhan non è stata condotta come la maggioranza dei lettori immaginano o hanno sentito raccontare. In un documentario televisivo danese, trasmesso il 12 agosto, Peter Ben Embarek ha affermato “che gli scienziati cinesi si sono rifiutati persino di discutere lo scenario della fuga dal laboratorio a meno che il rapporto finale non avesse respinto la necessità di ulteriori indagini”. Un rifiuto netto e senza condizioni. Dopo aver mercanteggiato fino a 48 ore prima che lasciassero la Cina, ha detto Ben Embarek, la sua controparte cinese ha accettato alla fine di discutere l’opzione della fuga nel rapporto “a condizione che non raccomandassimo studi specifici per favorire tale ipotesi“.
Le affermazioni fatte in precedenza sull’improbabilità della fuga, servivano a tranquillizzare i cinesi. In realtà, si comprende, che i ricercatori non avessero alcun elemento fondato per poter escludere l’ipotesi.
Un altro laboratorio cinese
La diffusione potrebbe esserci stata grazie ad un secondo laboratorio (non quello di massima biosicurezza inizialmente individuato), ma un laboratorio cinese vicino al mercato del pesce locale e che non segue gli stessi protocolli di sicurezza del più famoso di Wuhan. Questa struttura, indipendente dall’Istituto di virologia di Wuhan, non è stata segnalata dall’OMS come potenziale fonte di preoccupazione.
Parlando dell’istituto da cui sarebbe scappato il virus, in una teleconferenza a gennaio, Peter Ben Embarek ha detto: “Quello che mi preoccupa di più è l’altro laboratorio. Quello vicino al mercato”. Questo laboratorio cinese CDC, ha affermato, stava gestendo i Coronavirus “senza potenzialmente avere lo stesso livello di competenza o sicurezza” del primo e più famoso.
Embarek, ha anche detto in una conferenza stampa che è “assolutamente possibile” che il virus stesse circolando già nel mese di novembre o di ottobre 2019 nella zona di Wuhan e che si sia quindi potenzialmente diffuso all’estero prima di quanto documentato finora. “Abbiamo avuto accesso a molti dati provenienti da diverse zone, ma non da tutte. Abbiamo infatti avuto difficoltà ad avere i dati grezzi di alcune aree e ci sono molte buone ragioni per questo”, ha affermato sempre Embarek, citando le leggi sulla privacy e altre normative restrittive.
Lo scienziato ha anche dichiarato che il team ha subito pressioni politiche, anche dall’esterno della Cina, ma non è stato costretto a omettere dati dal rapporto finale. Ben Embarek ha spiegato alla tv web TV2 che l’atteggiamento e la segretezza cinese sono indice di qualcosa: “probabilmente significa che c’è un errore umano dietro un evento del genere e non sono molto felici di ammetterlo“.
Non prima di fare un passo indietro ed eclissarsi una volta raggiunto dai reporter del Washington Post, ai quali ha affermato che quelle parole erano grosso modo il frutto di una “traduzione errata di un articolo danese” (Ben Embarek è danese), rifiutandosi di commentare ulteriormente.
In realtà le valutazioni degli scienziati del team dell’OMS dovevano essere approvate dalla Cina prima di essere rilasciate. Gli stessi inviati dall’OMS sono stati “accompagnati” da un numero identico di scienziati cinesi e si sono mossi secondo le condizioni stabilite dalla Cina prima di consentire il loro ingresso nel Paese. Infine gli scienziati cinesi hanno dovuto approvare il rapporto prima della sua pubblicazione.
Mentre questo accadeva nella comunità scientifica internazionale si scatenava un processo di critiche diffuse all’ipotesi della fuga. Le stesse considerazioni fatte dal direttore generale dell’OMS, Tedros Adhanom Ghebreyesus, che ha immediatamente definito l’ipotesi come “prematura”, ma poco dopo esprimeva anche critiche sulla mancata collaborazione cinese nell’accesso ai dati grezzi. Contemporaneamente un nugolo di scienziati in ogni Paese del mondo si scapicollava, senza riscontri, ad escludere l’ipotesi della fuga con appelli e iniziative pubbliche.
Ma l’aspetto surreale della vicenda e che dà il quadro della manipolazione in atto è la campagna di dichiarazioni di uno scienziato svizzero che in realtà non esiste.
Infatti mentre la notizia della possibile fuga del virus da un laboratorio cinese prendeva quota un epidemiologo svizzero di nome Wilson Edwards sosteneva fosse in atto una campagna statunitense per far pressione sull’OMS affinché venisse falsamente incolpata la Cina per la pandemia. I ricercatori si lamentano di aver subito “enormi pressioni e persino intimidazioni da parte degli Stati Uniti e da alcuni media”, affermava sulla sua pagina Facebook Wilson Edwards, che mostrava una biblioteca di Oxford sullo sfondo.
E ancora: “Fonti dell’OMS mi hanno detto che gli Stati Uniti sono così ossessionati dall’attaccare la Cina sulla questione del tracciamento delle origini che sono riluttanti ad aprire gli occhi sui dati e sui risultati”. Wilson Edwards è stato ampiamente citato dai media cinesi a conferma del complotto ordito dagli americani.
Peccato che l’ambasciata svizzera in Cina, non ha trovato traccia dell’epidemiologo né di sue pubblicazioni scientifiche né di un cittadino con lo stesso nome. Wilson Edwards non esiste, è un personaggio inventato.
Le affermazioni del presunto scienziato però sono state riprese da China Daily, CGTN, Global Times e People’s Daily che titolava “Gli Stati Uniti tentano di ribaltare il rapporto, sfruttando l’OMS come strumento politico”. Il 10 agosto scorso l’ambasciata svizzera ha twittato: “Cerchiamo Wilson Edwards, presunto biologo [svizzero], citato dalla stampa e dai social media in Cina negli ultimi giorni. Se esisti, vorremmo incontrarti!”. Per poi bollare i rapporti del finto scienziato come “notizie false” chiedendone la rimozione. Da allora, la pagina Facebook e gli articoli dei media di Stato cinese sono scomparsi da Internet.
Tutto fa pensare che la questione chiave da rimuovere sia la fuga da questo secondo laboratorio cinese di Wuhan.
Vista la pericolosità del virus, aggiungiamo noi, la capacità di contagio e di colpire alcune parti della popolazione (principalmente quella maschile) il tema della creazione in laboratorio con possibili usi differenti sembra qualcosa di più solido di un’ipotesi. Gli indizi raccolti vanno tutti in questa unica direzione. https://www.affaritaliani.it