La guardia di finanza sta eseguendo un sequestro d’urgenza da circa 20 milioni di euro, firmato dai pm Paolo Storari e Giovanna Cavalleri, nei confronti della Dhl Supply Chain Italy spa, società del ‘colosso’ americano ella logistica, per una presunta maxi frode sull’Iva. Dall’inchiesta è emerso che, attraverso società di intermediazione e ‘finte’ cooperative, sarebbero stati creati “meri serbatoi di manodopera”, ossia lavoratori della logistica a cui le società intermediarie, tra l’altro, non versavano in gran parte i contributi.
Le indagini sul gruppo Dhl
In sostanza, a quanto ricostruito dalle indagini, la società del gruppo Dhl si interfacciava per avere “meri serbatoi di manodopera” con un consorzio a cui facevano capo diverse società di intermediazione di manodopera che assumevano formalmente i lavoratori della logistica. Attraverso un presunto giro di false fatture, emesse dalle società a vantaggio di Dhl, quest’ultima avrebbe abbattuto i propri costi e allo stesso tempo le altre società non versavano l’Iva dovuta e nemmeno i contributi per i facchini impiegati nelle consegne per conto di Dhl. Il sequestro d’urgenza disposto dalla Procura dovrà passare per un gip per la convalida.
I reati fiscali
Dal decreto di sequestro preventivo d’urgenza si evince anche che, oltre alla Dhl Supply Chain Italy spa (per la legge sulla responsabilità degli enti), sono indagati Fedele De Vita, presidente della società fino al 2018, e Antonio Lombardo, presidente dal maggio 2018. Entrambi sono accusati di reati fiscali perché “al fine di evadere l’Iva, avvalendosi di fatture per operazioni giuridicamente inesistenti emesse dal Consorzio Industria dei Servizi, simulando contratti di appalto in vece di contratti di somministrazione di mano d’opera, nelle dichiarazioni Iva della DHL Supply Chain (Italy) Spa relativi alle annualità 2017, 2018, 2019, 2020, indicavano elementi passivi fittizi (IVA indetraibile) per un ammontare complessivo” di oltre 20,7 milioni di euro.
Sono 23 le cooperative coinvolte
Tra l’altro, ricostruendo la “filiera della manodopera” è stato accertato che i rapporti di lavoro “con la società committente”, ossia Dhl, venivano “schermati” da un consorzio, una “società filtro”, che si avvaleva a “sua volta di 23 società cooperative”, le società “serbatoio”, che si avvicendavano nel tempo “trasferendo la manodopera dall’una all’altra, omettendo sistematicamente il versamento dell’Iva e, nella maggior parte dei casi, degli oneri di natura previdenziale”.
L’inchiesta
L’operazione ‘Mantide’ deriva da un’indagine svolta dalla finanza “unitamente alla contestuale attività ispettiva del Settore Contrasto Illeciti dell’Agenzia delle Entrate”. Sono state eseguite perquisizioni nelle provincie di Milano, Monza-Brianza, Lodi e Pavia, a carico delle persone “fisiche e giuridiche coinvolte”.
L’inchiesta ha messo in luce, come chiariscono gli investigatori, “una complessa frode fiscale caratterizzata dall’utilizzo di fatture soggettivamente inesistenti, da parte della multinazionale, e dalla stipula di fittizi contratti di appalto per la somministrazione di manodopera, effettuata in violazione della normativa di settore”.
Gli accertamenti hanno, inoltre, fatto emergere che Dhl non ha adeguato il proprio modello organizzativo “alla nuova disciplina prevista dal Decreto legislativo 124/2019 convertito nella Legge n. 157/2019, che ha ricompreso tra i reati presupposto della responsabilità amministrativa degli enti anche il reato di cui all’art. 2 del Decreto Legislativo n. 74/2000”, ossia la “dichiarazione fraudolenta mediante l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti”.
Pm: “Dhl ha abusato su esternalizzazione manodopera”
“L’azienda, leader nell’ambito della logistica, abusa dei benefici offerti dal sistema illecito, neutralizzando il proprio cuneo fiscale mediante l’esternalizzazione della manodopera e di tutti gli oneri connessi”. Secondo l’accusa, Dhl avrebbe usato “fittizi contratti d’appalto per prestazioni di servizi” che in realtà “dissimulano l’unico, reale oggetto del negozio posto in essere tra le parti, ossia la mera somministrazione di personale effettuata in violazione delle norme che ne regolamentano la disciplina”.
Il sistema creato, scrive la Procura, ‘maschera’ “somministrazioni irregolari di manodopera a favore di committenti più o meno conniventi”, Dhl in questo caso, “massimizzando guadagni illeciti in virtù del mancato pagamento delle imposte (dirette ed indirette), delle ritenute da lavoro dipendente e dei contributi previdenziali ed assicurativi”.
Il meccanismo di spostamento dei lavoratori
Il “tenore” di una serie di “comunicazioni” via email, tutte riportate nel decreto di sequestro sul caso Dhl, “evidenzia come, di fatto, il personale dipendente venga spostato da un Consorzio all’altro con estrema flessibilità, sulla base delle mere esigenze organizzative della committenza e a prescindere dalla volontà e dalle esigenze dell’appaltatore/subappaltatore, formale datore di lavoro delle maestranze impiegate nei simulati appalti”, scrivono i pm.
Il sistema descritto negli atti, come scrive la Procura, comporta “nessun recupero per l’erario, essendo le cooperative nullatenenti; nessuna tutela per i lavoratori, ‘costretti’ a passare da una cooperativa all’altra, pena la perdita del posto di lavoro; mancata neutralizzazione dei vantaggi economici (spesso cospicui) ottenuti dal committente, reale beneficiario della frode”.
Presidente di Legacoop: “Bene Gdf, stop a false cooperative”
“Complimenti al lavoro della Gdf di Milano che ha scoperto un complesso sistema di false cooperative nel settore della logistica: comportamenti illeciti che ledono la concorrenza a svantaggio delle imprese rispettose della legge e dei diritti dei lavoratori”. Lo scrive su twitter il presidente di Legacoop, Mauro Lusetti, rilanciando la campagna per lo “stop alle false cooperative”.