di Stefano Magni per https://lanuovabq.it – La storia del coronavirus dovrà essere riscritta, questo è certo. Ma anche la reputazione di certi mostri sacri potrebbe essere ridimensionata. Uno di questi, pronto a scendere dal piedistallo, è Anthony Fauci, il principale responsabile della politica di contrasto al Covid-19 sotto l’amministrazione Trump e attuale consigliere sanitario nell’amministrazione Biden. Ora che sono venute alla luce migliaia di email di Fauci, richieste (tramite il Freedom of Information Act) da Washington Post e BuzzFreed, scopriamo che molte cose che noi comuni mortali non potevano neppure dire, Fauci le pensava e le scriveva nei primi mesi dell’epidemia.
Sembra strano che Fauci abbia mutato il suo atteggiamento, o abbia del tutto cambiato idea, sull’origine del coronavirus? Strano non è, perché, stando ai suoi scambi di email in gennaio con il direttore del suo istituto, il National Institute of Allergy and Infectious Diseases (Niaid) Fauci era stato informato del dubbio che il nuovo virus fosse stato manipolato in laboratorio.
Risulta anche che lo stesso Fauci fosse perfettamente al corrente delle ricerche all’interno del laboratorio dell’Istituto di Virologia di Wuhan, dove venivano praticati anche esperimenti di guadagno di funzione, cioè esperimenti in cui un agente patogeno viene alterato per dargli nuove o aggiunte funzionalità, come la capacità di infettare gli esseri umani, quando prima non poteva, o aumentare l’infettività o la letalità.
Le email di Fauci e Peter Daszak
Non solo, ma potrebbe averle indirettamente finanziate, attraverso il foraggiamento di un’organizzazione non-profit, la EcoHealth. In alcune email, Peter Daszak, fondatore di EcoHealth, ringrazia Fauci per il suo impegno nel difendere la teoria dell’origine naturale del nuovo coronavirus.
Chiaramente il quadro è tutt’altro che completo, non ci troviamo ancora per le mani una “pistola fumante”, ma il sospetto che vi sia un conflitto di interessi. Fauci, insomma, potrebbe aver coperto le responsabilità dei ricercatori di Wuhan, perché era responsabile, almeno indirettamente, delle ricerche che vi conducevano. Se il sospetto dovesse infine essere dimostrato, sarebbe il più grande scandalo nella gestione di questa pandemia.
Su un tema molto meno scottante, quello delle mascherine, negli scambi di email di Fauci con i membri dell’amministrazione Trump, si vede quanto abbia cambiato idea. Il super-esperto, che passa per essere un sostenitore fanatico della protezione individuale, in febbraio affermava con una certa sicurezza che le mascherine fossero utili solo per le persone infette, per impedire che potessero contagiare altri. Affermava anche che le mascherine comprate dal grande pubblico fossero assolutamente inutili per fermare il virus, troppo piccolo per essere filtrato.
Le reazioni alla pubblicazione di queste email di Fauci e dei primi resoconti sul loro contenuto sono divise come tutto nella politica americana. I conservatori sono indignati, vogliono un’indagine sui fondi destinati a Wuhan e le dimissioni di Fauci, i progressisti lo difendono sulla base dell’argomento che “ha sostenuto ed ha agito sulla base delle conoscenze scientifiche del momento”. Dunque è considerato normale che abbia cambiato idea su molte cose, compresa la sua fiducia nel laboratorio di Wuhan.
Ammettiamo anche che i progressisti abbiano ragione. Sempre che non emerga un conflitto di interessi reale, Fauci può aver sbagliato in mala fede e aggiornato le sue posizioni a seconda di quel che la ricerca scopriva, di volta in volta. Ma allora perché censurare quelli che erano in disaccordo con Fauci? Perché questo accadeva a chi avesse sostenuto la tesi della fuga del virus da un laboratorio cinese: veniva censurato, oscurato dai social network, considerato un diffusore di fake news. Idem per la mascherina, dove la posizione ufficiale è cambiata radicalmente: ad essere ridicolizzati, in un primo momento, erano i sostenitori della mascherina, poi i no-mask sono diventati il nemico numero 1.
La prima lezione che dobbiamo imparare, dunque, è che non si deve mai censurare un dibattito scientifico. La scienza non è democratica e la voce di minoranza, anche quella “screditata”, può essere quella giusta. La foga con cui veniva censurata dimostra che i censori fossero in mala fede.
La scienza sbaglia, come è noto. Altrimenti non sarebbe scienza, ma fede. La fede nella scienza di Fauci è un fenomeno solo politico. Nel corso del 2020 si doveva contrapporre una voce scientifica autorevole al presidente Trump, populista e non autorevole.
Trump puntava il dito contro il laboratorio cinese? Allora è sicuramente una “fake news”. E Fauci, che si prestava al gioco, a prescindere da quel che pensasse in privato (come si vede dalle sue email), affermava che il virus fosse tutto naturale e trasmesso dall’animale all’uomo. Salvo cambiare idea il mese scorso, una volta che alla Casa Bianca non c’è più Trump, ma Biden. Trump non ha mai portato la mascherina, allora la battaglia di Fauci per le mascherine è diventata l’ultimo bastione di civiltà da difendere contro il populismo dei no-mask.
Ma che c’entra la nostra salute con la lotta politica dei progressisti americani? La scienza deve aiutarci a combattere un virus, a evitare il contagio e a guarire. La scienza, invece, è stata usata come uno strumento di lotta politica, come abbiamo visto in tutto il 2020. A perderci è solo la nostra salute.